Ottawa: il Canada e il suo posto nel mondo
“Nei prossimi giorni capiremo se ha avuto complici, ma gli eventi di questa settimana rappresentano un triste promemoria per il Canada, non siamo immuni ad attacchi terroristici che abbiamo visto nel resto del mondo” ha dichiarato il primo ministro Stephen Harper, parlando a una nazione scossa poche ore dopo la sparatoria a Ottawa.
Le indagini vanno avanti e qualche punto fermo è stato messo. La polizia ha informato che non c’è stato nessun commando in azione, l’attentato di Ottawa è stata opera di un solo uomo: Michael Zehaf-Bibeau, canadese, convertitosi all’islam. Viveva in Quebec, vicino Montreal. Precedenti per furto e droga.
Molti aspetti restano da chiarire, a cominciare dal movente. Al momento non c’è certezza ma è possibile collegare il suo gesto alla guerra contro lo Stato Islamico, una guerra che anche il Canada sta combattendo. Fonti della sicurezza e dell’antiterrorismo degli Stati Uniti citate dalla CNN sostengono che l’assalitore aveva legami con alcuni jihadisti, uno dei quali ha combattuto in Siria e altri al momento in Canada.
Sulla CNN, il giornalista Andrew Cohen ha scritto che “molti di noi pensavano che non potesse accadere anche qui” riassumendo un sentimento diffuso nel paese. Il Canada ha una società aperta, dove l’integrazione funziona bene. La violenza è un fatto insolito. I pochi omicidi si concentrano nelle grandi città come Toronto o Vancouver: Ottawa non è una di quelle.
Le immagini diffuse in tutto il mondo – strade bloccate, vie deserte, tiratori scelti sui tetti, uno stato di massima allerta – stridono con l’idea di un Canada pacifico e sereno. Ma la sparatoria di mercoledì non è arrivata del tutto a fari spenti. Due giorni prima, nei pressi di Montreal, un venticinquenne da poco convertitosi all’Islam aveva investito due soldati canadesi, uccidendone uno. La polizia ha dichiarato di non aver trovato alcun collegamento tra i due episodi.
Anche prima della sparatoria di Ottawa, in Canada si teneva d’occhio il pericolo rappresentato dal terrorismo di matrice islamica. Quando i colpi d’arma da fuoco hanno cominciato a echeggiare nei corridoi del Parlamento, Harper stava parlando ai membri del suo partito. Argomento: l’aumento delle minacce al Canada.
Così come tanti altri paesi occidentali – la Gran Bretagna, gli Usa, la Danimarca, tanto per fare qualche nome – anche il Canada sta cercando di monitorare i propri cittadini che sono andati a combattere all’estero: i foreign fighters, secondo l’etichetta più nota. Ma altrettanta paura fanno i lupi solitari, quelli che agiscono da soli e che per colpire usano ciò che possono, difficilissimi da scovare.
Il Canada del resto non è fuori dal mondo. Ne è parte e ha un suo ruolo: è membro della Nato, è al fianco degli Usa e di Israele, è in Afghanistan, ha deciso di mandare i propri aerei in Medio Oriente a combattere contro l’Isis. E dal Canada sono partite almeno un centinaio di persone dirette in Siria o in Somalia, decise a imbracciare un fucile e la causa dell’estremismo islamico.
Immagine in evidenza: photo by James McCaffrey – CC BY 2.0