Avanti sì, ma a che prezzo? A suon di fiducia. Con un’impennata post elezioni europee di maggio scorso. E’ stato lì che Renzi ha capito, per mezzo di quel 40,8%, l’importanza della sua leadership ed il potere di ricatto che ne consegue. E le decine di fiducie poste sui dl governativi ne sono l’esternalizzazione più concreta. Vi ricordate le critiche al Governo Prodi II? Erano portate avanti da centrodestra, che poi, col Governo Berlusconi IV fece peggio, è noto. Poi il fragile Governo Letta seguì le orme dei predecessori (Monti compreso) con i voti di fiducia. Ma niente a che vedere con Renzi: negli otto mesi in cui l’ex sindaco di Firenze siede a Palazzo Chigi, i voti di fiducia si sono verificati una volta ogni dieci giorni, battendo quasi ogni possibile concorrenza. “Questa è l’ultima possibilità per l’Italia”, suole dire Renzi. Ed unito alla fragilità di Scelta Civica (8% nel 2013, ma 0,8% solo quindici mesi dopo) e di Nuovo Centrodestra (forte al Senato grazie ai suoi 32 membri, ma oggi al limite del 4%, soglia utile per entrare in Parlamento). Il Pd, al contrario, fa la parte del leone e ‘ricatta’ (politicamente parlando) i suoi alleati di Governo: “o è così”, sembrano voler dire dal Nazareno, “oppure si va alle elezioni. Ed alle ultime abbiamo preso il 40,8%, abbastanza per costituire un monocolore e lasciarvi parcheggiati fuori non solo dal Governo, ma anche dal Parlamento”. Ma le fiducie poste da Renzi servono anche per un’altra ragione: ricompattare le fila del Pd, specialmente della parte sinistra del partito. Molti di loro non rientrerebbero in Parlamento e così si ‘rassegnano’ a votare la fiducia (non sarebbero rieletti perché, seppur è vero che una quota è entrata grazie alle ‘Parlamentarie’, un’altra fetta importante è stata inserita nelle liste grazie all’allora candidato premier e segretario, Pier Luigi Bersani. Questi oggi non può contare più sul vecchio potere acquisito con anni di direzione del Nazareno e non potrebbe più far entrare i propri fedeli). E pensare che Enrico Letta (stesso partito, il Pd) ha Governato di più di quanto fino ad oggi abbia fatto Renzi, ma ha usato l’istituto solamente 10 volte. Il suo predecessore, il tecnico Mario Monti, collezionò oltre 50 fiducie in poco più di un anno: record puro. Poi c’è la Ministra Maria Elena Boschi, titolare delle Riforme e – soprattutto – dei Rapporti col Parlamento, che si è presentata solo poche volte nelle sedi istituzionali: 11 volte a Montecitorio e 13 a Palazzo Madama. L’Huffington Post ha ripreso alcuni dati de Il Sole 24 Ore e da questi ne evince che il 75% circa dei testi usciti dai due rami del Parlamento sono legati a fiducie parlamentari, un istituto previsto dalla Costituzione ma che spesso ha fatto insorgere addirittura il Capo dello Stato, perché vanifica la discussione di deputati e senatori, tagliando di netto tutti gli emendamenti richiesti.