Domani l’Ucraina andrà alle urne per eleggere il nuovo Parlamento. Secondo un recente sondaggio, riportato dall’Istituto Carnegie Europe, soltanto il 19% degli ucraini ritiene che la Verkhovna Rada sia un’istituzione affidabile. La tornata in teoria dovrebbe servire proprio a consolidare la credibilità delle autorità politiche.
La società civile, la cittadinanza, si aspetta molto dal voto: innanzitutto un radicale cambiamento nell’élite politica del paese. Ci si aspetta che la nuova generazione di politici favorisca il percorso di democratizzazione di Kiev oltre che il suo percorso europeo. Assistere a delle elezioni regolari, non inficiate da corruzione e intimidazioni, sarebbe già un bel passo avanti.
Il fatto che il 10% degli ucraini non avrà la possibilità di votare è, invece, una tragica realtà con la quale bisognerà fare i conti. Tra le forze separatiste che mantengono il controllo delle regioni di Donetsk e Luhansk (non consentiranno neanche l’allestimento dei seggi) e l’occupazione russa della Crimea, quasi 5 milioni di cittadini ucraini non potranno esprimere la propria preferenza.
Mancando il tradizionale bacino di voti pro-Mosca (nonostante la possibilità che la soglia di sbarramento venga superata da forze eredi della vecchia nomenclatura, come da “Strong Ukraine” di Serghey Tigipko, o da formazioni anti-Maidan, come “Blocco d’opposizione”) il prossimo Parlamento e di conseguenza anche il governo rispecchieranno la radicalità del movimento Euromaidan.
D’altronde l’intesa tra Bruxelles e gli attivisti che hanno guidato le proteste cominciate dieci mesi fa è nota e, come ha riportato la giornalista e politica canadese Crhystia Freeland, si è tradotta anche nell’invio di ingenti aiuti finanziari.
L’Europa si è impegnata a continuare nell’elargizione di prestiti – il ministero dell’Economia di Kiev chiede 35 miliardi di dollari – in cambio di una serie di riforme strutturali. Poroschenko ha dunque assicurato il varo di una nuova legge anti-corruzione. La Comunità Europea ha risposto mettendo a disposizione dell’Ucraina 11 miliardi di euro per l’assistenza macrofinanziaria e altri 8 per la ricostruzione e gli investimenti.
Tale ammontare di risorse permetterà sicuramente a Kiev di allontanarsi dal Cremlino. Tuttavia è certo che l’Ue pretenderà un ruolo importante nel processo di riforma del paese facendo pesare anche il debito che Kiev molto probabilmente si troverà nell’impossibilità di colmare.