Oggi l’Ucraina sceglierà i propri rappresentanti in Parlamento. Le elezioni si sarebbero dovute svolgere nel 2017 ma i fatti di Maidan Nezalezhnosti hanno cambiato radicalmente tale scenario. I deputati della Verkhovna Rada dovrebbero essere 450: 225 eletti nelle liste di partito, 225 in collegi uninominali. Mancando all’appello 12 circoscrizioni monoposto (Crimea e Sebastopoli) e 15 collegi elettorali nelle regioni di Donetsk e Luhansk, al massimo verranno eletti 423 deputati.
Il ministero degli Esteri di Kiev ha fatto sapere che i primi ucraini a votare sono stati quelli residenti in Australia: hanno potuto esprimere la propria preferenza sin dallo scoccare della mezzanotte. Alle 8 di questa mattina, quando si sono aperti i seggi in patria, 34 delle 112 stazioni di voto all’estero risultavano aperte. In Australia, Giappone e Corea del Sud le urne si sono già chiuse.
Nella città di Slovyansk, che fino al 5 luglio era una roccaforte separatista, le elezioni si stanno svolgendo senza particolari problemi. Secondo il Comitato elettorale ucraino e il civil network Opora che monitora lo svolgimento del voto, solo il 42% dei residenti nell’Oblast di Donetsk ha la possibilità di recarsi alle urne. Solo 17 dei 32 collegi stanno partecipando alle votazioni: hanno la possibilità di votare solo 1,4 milioni di aventi diritto su 3,7 precisano dal Comitato elettorale locale.
Poroschenko, che oggi si è recato proprio nel Dombas prima di votare nella capitale, in un discorso tenuto alla nazione nella giornata di ieri ha riassunto la recente storia politica ucraina: “Ho sciolto la camera non solo perché era un docile strumento nelle mani del dittatore, non solo perché molti parlamentari stanno dalla parte della Russia, non solo perché rieleggere i deputati era una dei punti chiave della rivoluzione della dignità ma soprattutto a causa del suo basso potenziale riformista”.
“È tempo di attuare un reset completo del potere – ha proseguito il Capo dello Stato – la volontà politica per attuare le riforme non mi manca, adesso mi serve una maggioranza in Parlamento che non sia corrotta ma riformista, favorevole a un’Ucraina unita ed europea, non filo-sovietica”.
Il programma di Poroschenko, annunciato vincitore dell’importante tornata, fa perno su due punti: la pacificazione del paese e la domanda di adesione all’Ue entro il 2020.