Seguendo fedelmente il ciclo economico il ricorso alla cassa integrazione in termini di ore nel 2013 ha ripreso a scendere, ma è più un sintomo della inadeguatezza del sistema di ammortizzatori che una buona notizia
Vediamo infatti dal seguente grafico che il calo è cominciato tra il primo e il secondo trimestre del 2013, ancora in piena crisi, quindi più che altro per l’esaurimento o la forte diminuzione delle risorse ad essa destinati:
Con la crisi vi era stato un picco a inizio 2010, con una diminuzione nel corso di quell’anno e nel 2011 per poi risalire nella seconda crisi, quantitativamente, in termini di PIL, meno profonda, ma qualitativamente più dura, del 2012.
Come si vede è uno strumento che è stato molto usato nell’industria principalmente, in cui il ciclo si fa sentire immediatamente, e infatti il picco qui era stato nel 2009 e non è poi stato più raggiunto. Nei servizi il ricorso è stato minore, ma crescente, anche nei momenti di ripresa, tanto da essere significativamente superiore nel 2013 che nel 2010, segno di una crisi divenuta strutturale e profonda, tracimata da cicliche crisi di domanda dell’industria (per cui era stata creata nel 1974) a settori normalmente più solidi. Se nel 2009 era stato il crollo delle esportazioni a provocare una acuta recessione, nel 2012 è stata la debolezza della nostra economia asfittica, e l’esigenza di evitare il fallimento e l’austerità conseguente ha messo a nudo i problemi di produttività di tutti i settori, ben oltre l’industria.
Il problema è che la cassa integrazione in Italia pare essere l’unico ammortizzatore utilizzato, e come tale non può assolvere al proprio scopo, e non solo perchè limitato a contratti regolari a tempo indeterminato ormai sempre più calanti di numero. Ne è prova il continuo aumento della disoccupazione e calo dell’occupazione, non calmierati da nessun altro strumento.
Non per esempio da un intervento sul costo del lavoro, che ha proseguito ad aumentare come nulla fosse, come vediamo nel seguente grafico:
L’aumento è stato superiore nell’industria, ma è stato presente anche nei servizi, senza vedersi alcun rallentamento perlomeno per esempio nei momenti di maggior crisi e quindi ricorso alla cassa integrazione.
Ancora una volta, come già è stato sottolineato altre volte, è prevalsa la volontà di proteggere o privilegiare coloro che già lavoravano a discapito dei disoccupati e anche di fronte a segnali di grossa difficoltà come l’aumento delle ore di cassa.
Naturalmente questo costo del lavoro crescente è anche segno di un mancato intervento fiscale sul lavoro, da ogni lato, contributivo, o di tassazione vera e prorpia (IRPEF), intervento che si vede solo ora, ma ancora una volta indirizzato solo a coloro che essendo già occupati non sono le principali vittime della crisi che ci colpisce dal 2009.