La Cina sta considerando di eliminare nove reati dalla lista di quelli punibili con la pena di morte. La settimana scorsa nel corso di una riunione del Partito comunista cinese, durante la quale si è discusso di una riforma della giustizia, è emersa la volontà di garantire lo “stato di diritto”.
Secondo le associazioni per la difesa dei diritti umani, però, difficilmente Pechino ridurrà il numero di esecuzioni capitali. Lo stesso timore è condiviso dagli analisti: il numero delle condanne a morte difficilmente scenderà in modo sensibile nonostante la revisione del codice penale.
Come scritto dall’agenzia di stampa ufficiale Xinhua, nove reati tra i 55 passibili di pena di morte potrebbero in futuro essere puniti con l’ergastolo. Tra questi figurano lo spaccio di moneta falsa, lo sfruttamento della prostituzione, il traffico di armi e quello di materiale nucleare e la raccolta di fondi con mezzi fraudolenti.
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La proposta deve essere analizzata dal Comitato Permanente dell’Assemblea Nazionale del Popolo, vale a dire il vertice decisionale del Parlamento.
La Cina è il paese al mondo dove si registra ogni anno il maggior numero di esecuzioni capitali, anche se la tendenza è in diminuzione rispetto a una decina di anni fa. Pechino non fornisce cifre ufficiali ma secondo la Dui Hua Foundation, citata dall’agenzia Reuters, l’anno scorso sono state eseguite 2.400 condanne a morte. Il 2014 dovrebbe chiudersi con numeri molti vicini a quelli dell’anno scorso.
Cina a parte, secondo Amnesty International la maggior parte delle esecuzioni capitali nel mondo vengono effettuate in Arabi Saudita, Iran e Iraq.
Già nel 1979 pechino aveva eliminato per alcuni reati la possibilità della pena di morte.
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