Deserto, gelido, inospitale. Ma anche pieno di opportunità. L’Artico è la frontiera di domani e le grandi potenze mondiali stanno posizionando le loro pedine già da un po’. Il riscaldamento globale negli ultimi anni ha cambiato l’aspetto dell’area. Il ghiaccio arretra. Si aprono nuove rotte navigabili. Sarà più facile accedere alle riserve di petrolio e gas. Entro la metà del secolo potrebbero esserci estati prive di ghiaccio.
L’Artico rappresenta un’opportunità ghiotta per quei paesi a caccia di risorse naturali. Le stime differiscono di qualche punto, ma si pensa che il 30 per cento circa del gas non ancora scoperto si trovi lì, assieme al 13 per cento del petrolio ancora da estrarre.
Quella dell’Artico è una grande gara e in molti vogliono correre. Il Giappone vuole esserci. Paesi come la Norvegia e la Danimarca hanno geograficamente un piede nella regione. Gli Stati Uniti e il Canada fanno parte della partita. C’è la Russia, il cui confine settentrionale si affaccia interamente sull’Artico. La Cina, sempre a caccia di risorse per alimentare il proprio sviluppo, ha cominciato a muoversi con le proprie compagnie.
L’Artico non significa solo petrolio e gas: significa anche risorse ittiche, minerali rari, nuove rotte navigabili. Oggi per andare dal Giappone all’Olanda bisogna percorrere circa 20mila chilometri passando per il Canale di Suez. Quando il passaggio a Nord-Ovest sarà percorribile, i chilometri da fare scenderanno a circa 12mila. Chi controllerà quelle rotte?
Photo by NASA Goddard Space Flight Center – CC BY 2.0
Gli ambientalisti suggeriscono cautela e rispetto per un ecosistema delicato e in profonda trasformazione. Le grandi compagnie internazionali hanno più fretta. La definizione di un quadro giuridico che stabilisca i limiti e i metodi per lo sfruttamento dell’Artico è un elemento indispensabile. C’è il Consiglio Artico (forum creato nel 1996) ma non sembra al momento un tavolo abbastanza solido e autorevole per definire paletti e farli rispettare.
La forza militare è un elemento che recita un ruolo decisivo. Chi ha interessi nell’Artico sta cominciando a sviluppare tecnologie e infrastrutture, sistemi di sorveglianza, sta addestrando truppe a operare in condizioni estreme.
Gli Stati Uniti ad esempio hanno trasferito nelle scorse settimane nuovo materiale bellico in Norvegia. Caccia russi sulla regione sono stati avvistati spesso negli ultimi tempi: a Oslo hanno interpretato questi avvistamenti come un chiaro segnale della rinnovata presenza russa nell’Artico.
Non si tratta certo di un mistero, del resto. A metà ottobre, il ministro della difesa Sergei Shoigu russo ha dichiarato: “Siamo stati molto attivi nella regione artica ultimamente e quest’anno che avremo un gran numero di unità distribuite lungo il circolo polare artico, praticamente da Murmansk alla Chukotka”.
Vladimir Putin ha indicato la via: “I nostri interessi sono concentrati nell’Artico, e dunque dobbiamo prestare attenzione allo sviluppo dell’area, rinforzando la nostra posizione lì”.
Il dispiegamento delle unità militari russe terminerà entro la fine dell’anno ma qualcosa si muove da mesi. Secondo quanto raccontato dal Corriere della Sera, Mosca vuole costruire un comando che si occuperà proprio della regione artica.
Immagine in evidenza: photo by US Geological Survey – CC BY 2.0