Lavoro? Questo sconosciuto
Allarmanti i dati diffusi dal Ministero del Lavoro, che sanciscono la morte del “posto fisso”: a buon ragione Matteo Renzi alla Leopolda di sabato ha ripetuto lo stesso concetto espresso da Monti nel 2011 e da D’Alema nel lontano 1999: il lavoro a tempo indeterminato non esiste quasi più.
Oggigiorno su ogni 100 nuovi contratti di lavoro, appena 15,2 sono a tempo indeterminato: in parole spicciole, uno su sei. La maggior parte dei nuovi contratti è rappresentato da contratti di formazione, inserimento, interinali, intermittenti e contratti di agenzia. Segue un 6,2% di contratti a termine, un 5,8% di contratti di apprendistato ed un 3,1% di contratti di collaborazione. Su 2.651.648 nuovi rapporti di lavoro, dunque, solo 403.036, sono a tempo indeterminato.
ALTRE CIFRE
Curiosità è che ben 403mila cessazioni di contratto riguardano quelli che durano appena 1 giorno, 170mila tra due e 3 giorni ed altri 380 mila non arrivano al mese pieno di lavoro. Solo 381mila contratti durano più di un anno. Se si analizza la serie storica che va dal primo trimestre 2011 al secondo trimestre 2014 si vede che in tre anni e mezzo lo stock dei contratti cessati ha toccato l’iperbolica quota di 34 milioni e 824 mila interessando 12 milioni e 147 mila lavoratori, che in media hanno pertanto «subito» 2,87 cessazioni a testa.
Le professioni più gettonate sembrano essere oggigiorno camerieri e braccianti agricoli: le donne per lo più svolgono il primo mestiere, gli uomini il secondo. Ma anche in questi settori, il tempo indeterminato è una chimera: su 179.815 braccianti maschi assunti nel secondo trimestre 2014 ben 178.689 avevano un contratto a tempo determinato e appena 988 uno a tempo indeterminato (126.376 i contratti relativi alle donne, con anche qui appena 6347 contratti a tempo indeterminato). Su 127 mila camerieri maschi quelli assunti a tempo indeterminato sono stati invece 5.534, più o meno come per le donne (143.559 nuovi contratti e 6347 contratto a tempo indeterminato).
LAVORO E POSTO FISSO
In realtà qualche esperto sostiene che il posto fisso non sia mai esistito, perché, in seguito agli effetti portati dalla globalizzazione, sono morti alcuni lavori per dare spazio ad altri: basti pensare all’avvento della tecnologia e del world wide web. Secondo l’indagine Career Cast, da qui al 2022 saranno definitivamente depennati alcuni mestieri e alcune professioni come il giornalista, tipografo, hostess, postino, agente di viaggio, letturista. In merito, la London School of economics ha stimato che in Italia ben il 56% dei lavori rischia di sparire entro 20 anni.
A farne le spese, in questa situazione drammatica, è il mondo giovanile: il 46% dei giovani è in cerca di lavoro; il 51% sarebbe pronto anche ad espatriare per trovare una occupazione, mentre il 64% è disponibile a cambiare città.
Erika Carpinella