Lo Svimez, l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, ha sfornato il Rapporto sull’economia di Mezzogiorno nel sesto anno di crisi economica al Sud Italia, e il panorama che ne esce è devastante per l’economia e tutta la società meridionale.
Qui analizziamo i dati demografici innanzitutto.
Mentre alla fine del 2012 l’Italia ha superato i 60 milioni di abitanti, con un aumento dei residenti, esclusivamente grazie all’immigrazione, nel Sud, invece, si è registrato un calo di 20 mila persone in quell’anno contro l’aumento di 100 mila al Centro-Nord. Sono l’invecchiamento della popolazione, la scarsa fecondità della popolazione, composta solo in minima parte da immigrati, le cause principali.
Vediamo alcuni dati: tra i 2001 e il 2011 in un decennio la popolazione italiana è cresciuta del 4,2 per mille, come non accadeva dagli anni ’70, ma adifferenza dei tempi in cui era il Sud la culla della fecondità, questo incremento è stato quasi esclusivamente concentrato al Centro-Nord, il 6,3 contro lo 0,4, in termini assoluti si tratta di una variazione di solo 104 mila abitanti contro i 2 milioni e 334 mila del Centro-Nord, ma se escludiamo gli immigrati il bilancio è negativo, 263 mila abitanti in meno contro un sottilissimo margine positivo di 6 mila persone al Centro-Nord, dovuto soprattutto all’immigrazione dal Sud.
Di fatto nel 2013 si è toccato in record negativo nelle nascite, 177 mila, valori che non si erano toccati se non nel 1867 e nel 1918, periodi molto più duri. IlCentor-Nord invece con 388 mial nascite rimane ben al di sopra del minimo del 1987, 288 mila
Il numero dei figli per donna è continuato a diminuire, uno dei parametri in cui il Sud è sempre stato in testa, e che rimane alto ora solo in Campania, dove si raggiunge anche un alto tasso di natalità, quasi al 10 per mille, secondo solo al Trentino Alto Adige. In generale vi sono stati 1,34 figli per donna al Sud contro il 1,46 al Centronord. in ogni caso al di sotto del tasso di sostituzione di 2,1
Del resto su questi dati ha influenza la ripresa dell’emigrazione dal Sud al Nord e all’estero: 2,3 milioni di persone in 20 anni, e 1,5 in dieci anni, di cui 188 mila laureati, che sono una minoranza, ma una minoranza che cresce più velocemente degli altri segmenti, del 50% in 5 anni.
E i futuro? Per il Svimez è tutt’altro che roseo, mentr la popolazione italiana nei prossimi 50 anni è prevista rimanere stabile, in realtà vi saranno ingenti differenze interne, con il Sud che perderà 4 milioni di abitanti guadagnati dal Centro-Nord, tanto che la proporzione di abitanti del Sud sul totale nazionale passerà dal 34% al 27%.
E’ quindi il peso del Mezzogiorno in gioco, il peso anche politico ed economico, perchè sempre meno si parlerà di questione meridionale, pur tanto strumentalizzata, se sempre meno meridionali esisteranno.
La demografia ormai è strettamente legata all’economia, e non solo alla cultura o al costume o alla condizione della donna, come una volta, non in Europa dove le condizioni culturali vanno avvicinandosi, mentre sono quelle economiche vanno divergendo sempre di più. Un fatto questo che non era stato previsto affatto nè alla creazione dell’Unità d’Italia nè all’inizio del processo di integrazione europea, che era cominciato proprio con opposti obiettivi, quelli della convergenza.