Approvato al Senato il ddl diffamazione. La celerità non è certo la dote maggiormente riconosciuta del Parlamento. Le lungaggini elencabili sarebbero tantissime, non ultima la questione della nomina della Corte costituzionale e del Csm. Eppure, con velocità, il disegno di legge diffamazione passa al Senato con 107 voti favorevoli (solo 10 i contrari e 47 gli astenuti). Ora toccherà alla Camera esprimersi.
La principale novità del ddl è la cancellazione del carcere dalle pene previste per la diffamazione a mezzo stampa. Dopo il celebre caso Sallusti sfuggito alla condanna di due anni solo grazie all’intervento di Napolitano, è senz’altro un grande passo avanti. Anche a detta di Vannino Chiti, Pd, questo è un grande segnale di civiltà. Ma la cancellazione del carcere, come confermato da Rosanna Filippin, anche lei del Pd e relatrice del ddl, viene rimpiazzata da un aumento delle pene pecuniarie.
La pena massima sarebbe non superiore ai 10 mila euro. Solo nel caso in cui i fatti raccontati siano consapevolmente falsi, il tetto della pena pecuniaria potrebbe alzarsi fino a 20 mila o addirittura 60 mila euro.
L’entità del risarcimento verrà quantificata anche tenendo conto della visibilità di cui gode la testata giornalistica e della gravità dell’offesa. In caso di recidiva è prevista anche l’interdizione dalla professione da 1 a 6 mesi per i giornalisti rei di diffamazione. Non solo, la diffamazione potrà riguardare anche radio e testate giornalistiche online (norma fortemente voluta dal M5S).
Il ddl prevede la possibilità per la testata di pubblicare una rettifica della notizia diffamante. Essa deve essere pubblicata entro due giorni dalla pubblicazione dell’articolo e deve avere la stessa visibilità della notizia a cui si riferisce. La rettifica va pubblicata senza titolo e senza commento. Se pubblicata entro i termini stabiliti, direttore e giornalista non sono più punibili.
Viene sancito inoltre il diritto all’oblio già definito dalla Corte Europea. Alle testate online, può essere infatti richiesta l’eliminazione dei contenuti diffamatori. La procedura è applicabile anche per i motori di ricerca. In caso di morte del diretto interessato, il diritto all’oblio può essere esercitato dai suoi eredi.
Il disegno di legge intende punire anche i casi di querela temeraria. In caso di querela infondata, potrebbe essere richiesto il pagamento di una multa che va dai 1000 ai 10 mila euro.
Carcere cancellato, ma i giornalisti non sembrano per niente soddisfatti dalle nuove norme. Come sostiene il presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Enzo Iacopino: “L’insieme delle norme mantiene l’effetto intimidatorio”. Parole alle quali fanno eco quelle del sindacato Fnsi: “Bene la cancellazione del carcere per i giornalisti, malissimo il bavaglino delle mega multe e delle norme restrittive per il web”.