La seconda parte dell’analisi del rapporto Svimez si concentra sull’economia, la nota più dolente, poichè dietro le cifre sull’economia nazionale si nascondono le differenze tra le diverse aree geografiche, e nel caso dell’Italia queste sono molto rilevanti: il Sud Italia sta soffrendo la crisi molto peggio del Nord, tanto da porla solo dietro alla Grecia come durezza di impatto della recessione in Europa
Il Sud ha perso il 13,3% del proprio reddito tra il 2008 e il 2013, valore che fa sì che calcolando il periodo 2001-2013 mentre per gli altri Paesi, persino per la Grecia, vi è una crescita, il Mezzogiorno perde il 7.2%, contro una media italiano dello 0,2%, che pure è il dato peggiore d’Europa.
La seguente tabella rende chiaro come il declino economico italiano e del Sud non è un fatto nuovo, provocato solo dalla grande crisi successiva al 2008:
Una crisi che al Sud è in accentuazione nel 2013, mentre si attenua al Centro Nord, infatti se la recessione italiana passa dal -2,4% del 2012 al -1,9% del 2013, al Centro Nord il passaggio è dal -2,1% al -1,4%, ma al Sud invece la situazione peggiora: dal -3,2% al -3,5%
Il risultato più visibile di questi dati è che il divario Nord-Sud, che secondo la teoria doveva ridursi, come del resto avvenuto tra Germania Ovest e Germania Est, invece aumenta, il PIL meridionale ritorna al 56,6% di quello del Centro Nord dopo che nel 2008 aveva raggiunto il 58,8%.
Certamente come abbiamo visto nel precedente articolo questi dati vanno depurati dall’effetto demografico, il calo di popolazione che da solo è parte del motivo della caduta del reddito assoluto del Mezzogiorno, ma questo rende solo di poco meno grave la situazione
Infatti sono i consumi delle famiglie ad essere caduti nel 2008-2013 del 12,7% e soprattutto nell’abbigliamento e negli alimentari, quest’ultimo segmento solitamente più rigido, per ovvi motivi:
Il calo dei consumi per altri beni e servizi e per il vestiario è addirittura quasi doppio di quello del Centro-Nord.
Probabilmente in poche altre crisi si è assistito a cifre come quelle della slide seguente, ovvero un crollo degli investimenti nell’industria in senso stretto del 53,4%, 56,1% dal 2001, tre volte il calo del Centro Nord. Gli investimenti sono il motore per la ripresa futura, che a questo punto è totalmente compromessa, se non c’è la fiducia delle imprese, una volontà di provare a cambiare la produzione qualitativamente tramite investimenti:
Una deindustrializzazione in un’area che è sempre stata più depressa e non ha mai veramente saputo esprimere una impreditoria manifatturiera locale forte, escluso alcuni distretti in Puglia, e soprattutto che prescindesse dall’intervento dello Stato.
Sono Basilicata e Calabria le regioni più in crisi, con crolli del PIL nel 2013 peggiori del 2012, del 61,1% e del 5%. L’Abruzzo invece ha ormai dinamiche da regione del Centro-nord, con un calo nel 2013 inferiore a quello del 2012:
E il futuro? Non è prevista alcuna ripresa per il Sud nel 2014 e 2015, e soprattutto per quest’ultimo anno, in cui è previsto un segno più del PIL in Italia, la divergenza dal Centro Nord sembra ingrandirsi, è previsto un calo dello 0,7% contro un aumento del 1,3% a Nord, una differenza di ben il 2%.
Come vediamo a parte il dato dell’export, comunque purtroppo marginale per il Sud, tutte le variabili sono negative, e soprattutto, ancora una volta, gli investimenti, -4,2% nel 203 e -1,6% nel 2015
A soffrire per prima di qusta situazione è l’occupazione, calata, come è facile immaginare, al Mezzogiorno più che altrove in Italia, è quella che vedremo nel prossimo articolo