L’escalation della polemica all’interno del PD ha avuto un’ulteriore accelerazione all’indomani delle incresciose vicende degli operai dell’AST di Terni. Ieri, infatti, gli operai sono stati caricati dalla polizia durante un presidio, a cui era presente anche il segretario FIOM Maurizio Landini. La carica è avvenuta all’indomani della grandissima manifestazione del 25 ottobre quando, all’appello di Camusso e Landini, hanno risposto centinaia di migliaia di persone.
Dopo la carica della polizia e le durissime parole di Landini si è scatenata la reazione anche del mondo politico. La minoranza del PD è tornata all’attacco, a sostegno degli operai che protestano contro il jobs act. “Non mi piacciono questi toni con i sindacati” ha dichiarato l’ex segretario del PD Pierluigi Bersani, che si lascia andare anche a dichiarazioni sulla possibilità di cambiare il nome al partito. “Il partito della nazione – spiega Bersani ad Agorà – non mi piace affatto. Sembra si voglia fare il partito pigliatutto, ma il partito non piglia tutto, il partito è una parte”. Nonostante i malumori che in queste settimane stanno aumentando esponenzialmente, l’ex segretario però esclude a priori la possibilità di scissione del partito.
In linea con Bersani c’è Cuperlo che addirittura dichiara di poter “lasciare il partito se questo cambierà nome“. Secondo Cuperlo il PD deve assolutamente restare nello spirito originario della nascita e nello spirito dell’Ulivo. Nemmeno Achille Occhetto, segretario della storica svolta della Bolognina, rabbrividisce dalla possibilità della creazione di un partito personalistico e pigliatutto, spingendosi fino a definire la cosa come svolta autoritaria.