Manifestazioni anti-immigrati con l’estrema destra in piazza, il perverso apparentamento Casa Pound-Mario Borghezio nell’Italia centrale (ma Borghezio è ancora capo del governo padano?), foto strappalacrime con Marine Le Pen, Wilders e Strache vari.
Mettiamoci l’anima in pace: la Lega Nord fiuta il vento, e rinuncia a qualsiasi velleità autonomistica.
La scommessa di Matteo Salvini è politicamente molto furba, ma per certi versi risulta essere il trionfo del particulare sull’interesse generale.
La crisi, l’Europa e la sua incapacità di rispondere alla recessione (conseguenza però dell’approccio intergovernativo, figlio delle destre europee) porta scontento. Occorre veicolare questo scontento su alcune tematiche tabù come l’uscita dall’euro e l’anarchia europea in materia d’immigrazione. Se ci si riesce si occupa un vuoto politico. E nella migliore delle ipotesi si può lottare per essere uno dei perni del sistema (a destra) del proprio scacchiere politico nazionale.
Non è la prima volta a dire il vero che la Lega Nord si trova in una situazione potenziale di questo tipo: se escludiamo il peculiare caso del Front National francese (figlio dello smembramento coloniale transalpino e della querelle algerina) sul finire degli anni ’80 si rafforza uno schieramento europeo di destra e anti-sistema. Potenziali consensi di questo tipo però vengono intercettati dalla Lega che li utilizza in funzione anti-centralistica e pro-partite Iva (sempre sostenuto che la legge fiscale di Bruno Visentini avrebbe portato a danni nel lungo periodo…).
In questo modo l’Italia si trova ad essere uno dei pochi paesi (assieme alla Germania e parzialmente la Spagna) in cui non sussiste una destra radicale forte. Il Movimento Cinque Stelle, capace anch’esso di appropriarsi del voto di protesta, ha spesso rivendicato che senza di loro “in Italia ci sarebbe Alba Dorata” et similia.
Quindi avanti con la Lega “di sinistra” (può piacere o meno, ma trattasi di una categoria politologica se non addirittura prettamente politica) e di Salvini. Avanti con le istanze nazionali, apriamo ai settori radicali, apriamo a tutto il paese.
Questa scelta legittima può portare vantaggi di breve periodo (Salvini è sulle prime pagine di tutte le riviste da parrucchieri), ma anche rischi fatali per il lungo.
In primo luogo: non è la prima volta che la Lega Nord aspira ad una caratura di livello nazionale. Sebbene con altre parole d’ordine (federalismo per tutti: vedrete, vi piacerà…) già nel 2005 la Lega Nord tentò un allargamento al meridione addirittura sfruttando una tiratura del quotidiano “La Padania” in grado di coprire lo stivale da Sondrio alla Lampedusa di Angela Maraventano. Ma a parte la lista comune Lega-Mpa alle politiche 2006, non si ottennero effetti benefici dall’operazione.
E’ vero che nel 2009 la Lega Nord ottenne a Roma lo 0.9%, percentuale immensa se si considera la vocazione anticapitolina del Carroccio. Ma fa ancor più riflettere il fatto che di fronte a quello 0.9% romano e 10% nazionale del 2009, nel 2014 si è passati allo 6.1% nazionale…ad un 1.42% romano!
Questo vuol dire che pur prendendo meno voti, il Carroccio salviniano si sforza di assumere il ruolo di una forza politica nazionale. Ma i precedenti di cui sopra potrebbero ritorcersi contro.
In secondo luogo occorre tenere presente un aspetto tattico che Salvini deve tener conto se vuole governare veramente la Lega: le dimissioni di Bossi nel 2012 hanno portato scandali e polemiche. Ma anche incognite. Perché a Bossi si deve il capolavoro politico di aver spinto la Liga Veneta (formazione storica, a tratti legittima e con esperienze parlamentari) a sottomettersi alla sua Lega Lombarda di nuova fabbricazione (in questo senso aiutarono l’elezione in Parlamento di Bossi e Beppe Leoni alle politiche ’87). Con la fine di Bossi non è detto che quel patto regga. A Venezia si cerca un garante e l’esperienza maroniana e durata troppo poco per far venire meno patti decennali.
Ma con Salvini (che comunque in Lombardia è padrone assoluto del movimento) l’aria potrebbe cambiare. Da qui l’esigenza del segretario di andare oltre la frattura Lombardia/Veneto giocando la carta del movimento nazionale.
Non è da escludere dunque che la Lega e le sue emanazioni locali possano diventare una forza politiche da 10-15% (tipo Alleanza Nazionale?). Resta però il tema della rappresentanza sociale di un nord che pur credendo nella Lega ha assistito al suo cambio di fisionomia. Rimanendo orfano.
Orfani politici sul territorio destinati a divenire un vero enigma per tutta la politica nazionale.