La nomina di Gentiloni, un ex Margherita, a ministro degli esteri non è piaciuta agli ex Ds del Pd. “Non è tanto il peso degli ex rutelliani che mi preoccupa. Il problema è che il partito sta subendo una mutazione genetica” dichiara Alfredo D’Attorre, membro della minoranza dem, in un’intervista a Qn: “dagli Esteri al Lavoro all’Europa stiamo scavalcando la Dc a destra. In politica estera la posizione di Renzi è schiacciata su Israele, il Jobs act è espressione delle richieste di Draghi e della Merkel e in Europa non siamo riusciti a cambiare verso alle regole”.
E al giornalista che sottolinea come però il peso degli ex Ds sia minimo dice: “noi siamo dentro con due piedi nel Pd e da lì non ci muoviamo”. L’ipotesi scissione? “Macchè. Anzi, non voglio nemmeno sentirne parlare. Mica possiamo demotivare quella parte di sinistra che vive nel Pd, cioè il popolo di Piazza San Giovanni, quello che s’identifica nel Pd, ma non nel Pd di Renzi, cioè un partito personale”. “Il Pd – continua il deputato bersaniano – sta passando un periodo di sbandamento con posizioni che non appartengono a nessuna forza del socialismo europeo; il ruolo della minoranza dem, dice d’Attorre, «è porre un freno a tutto questo, dall’interno”. “Dopo la manifestazione Cgil, credo che Renzi sul Jobs act scenderà a patti. Un partito di sinistra non può abolire totalmente l’articolo 18 e non aumentare le risorse agli ammortizzatori sociali. Lo capirà anche il premier”.