Corradino Mineo ha ingaggiato uno scontro frontale sul Jobs Act ed in generale è tra i senatori del Pd più critico verso l’operato del Governo Renzi. Stando alle sue ultime dichiarazioni non intende affatto retrocedere. Ecco le parole di Mineo: “Ieri sera mi pare che il segretario del partito abbia messo da parte i panni di mister Hyde, che parla di un disegno per dividere il mondo del lavoro e l’Italia, e abbia indossato quelli di dottor Jekyll: piacione, accattivante con senatori e deputati, che spiegava che il Jobs Act è la misura più di sinistra che ci sia mai stata. Nessuno lo mette in dubbio: “se il Jobs Act avesse le coperture, sarebbe una riforma stupenda”.
MINEO “NON CI SONO I SOLDI PER RIFORMA DEL LAVORO”
Mineo, intervenuto nel corso di Agorà su Raitre, ha aggiunto: “La riforma del lavoro non si fa perché non ci sono i soldi. Chi ha usato l’articolo 18 e tutto il resto per spaccare l’Italia non mi pare che siano stati Camusso o Landini, ma il presidente del Consiglio”.
MINEO “QUELLA DI RENZI È POLITICA VECCHIA”
“La politica che Renzi sta facendo non è di destra o di sinistra, è una politica vecchia”. “Non è che fidandosi di tutti gli imprenditori risolverà i problemi – ha osservato Mineo -. Ci sono imprenditori e imprenditori; bisogna intervenire con il cacciavite, cioè dare aiuti più forti agli imprenditori che hanno un progetto. Quando Landini dice che ci vuole una politica industriale ha ragione”.
JOBS ACT: DELRIO, SI PARTE A GENNAIO
“La mediazione è sempre un esercizio utile quando non compromette il risultato. Noi abbiamo la necessità di partire con la riforma del mercato del lavoro all’inizio dell’anno. Quindi bisogna correre moltissimo. Qualsiasi elaborazione che avvenga nel legittimo dialogo fra parlamento e governo deve avvenire in tempi ristrettissimi”. Lo dice il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, in un’intervista a il Manifesto sul Jobs Act, in cui spiega che in “teoria” si potrebbe emendare il testo alla Camera e farlo tornare al Senato però “in pratica i tempi sono molto stretti». In ogni caso, «se resta ferma la partenza della riforma il primo gennaio, il presidente Renzi non si è mai dichiarato contrario”.