Quello di ieri per Obama è stato un risveglio traumatico, anche se preannunciato. I Democratici hanno subito una sconfitta schiacciante. La Camera è andata largamente ai Repubblicani. Anche il Senato è passato al Partito Repubblicano e molti governatori eletti sono proprio di quello che negli Stati Uniti è conosciuto come il ‘Grand Old Party’. Le elezioni di metà mandato per Obama e il Partito Democratico rappresentano una doccia fredda a due anni di distanza dalle presidenziali.
Elezioni Usa 2016, difficoltà per i Democratici
“È molto peggio di quello che ci aspettavamo” ha dichiarato un alto dirigente del Partito Democratico al quotidiano The Guardian. Per Obama si aprono due anni all’insegna di un isolamento che non gli renderà la vita semplice.
Ma la sconfitta alle elezioni di metà mandato è un gigantesco punto interrogativo per tutto il Partito Democratico e per coloro che negli Stati Uniti pensavano e pensano di correre per le presidenziali del 2016. Potrebbe esserci Hillary Clinton, tra quelli: lei come altri (il governatore del Maryland Martin O’Malley, ad esempio) dovranno fare tesoro di ciò che emerge dal risultato delle elezioni di metà mandato.
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Elezioni Usa 2016, cambia la mappa politica
In alcuni tasselli, infatti, la mappa politica prodotta dal voto di martedì appare in trasformazione. I Democratici stanno perdendo sostegno tra gli Stati del centro. Sul New York Times, Jonathan Martin ha scritto che Obama lascerà probabilmente il partito in una condizione più debole. Se vuole tenere la Casa Bianca, da qui ai prossimi mesi il Partito Democratico dovrà tener conto di alcuni elementi a cominciare dall’avversario che ha di fronte. Ed Rogers sul Washington Post ha sottolineato che “i Repubblicani hanno messo da parte le questioni puramente ideologiche e hanno fatto un lavoro migliore restando concentrati su cosa serviva per vincere le elezioni”.
Elezioni Usa 2016, i nomi
Da martedì notte, archiviate le elezioni di metà mandato, negli Stati Uniti è al 2016 e alle presidenziali per la Casa Bianca che tutti puntano. Nel Partito Repubblicano i nomi che vengono fatti dalla stampa sono numerosi. Potrebbe ad esempio esserci Jeb Bush, fratello minore di George W., e sarebbe il terzo Bush che i Repubblicani candiderebbero alla Casa Bianca: la rete di donatori non gli manca. C’è il senatore Marco Rubio, che potrebbe rappresentare la nuova generazione che avanza ma anche la saldatura tra le due anime del Grand Old Party. C’è il governatore Rick Perry che ci ha già provato nel 2012 e pare avere voglia di ritentare. E ai nastri di partenza potrebbe ripresentarsi anche Nick Santorum. Ma l’elenco potrebbe andare avanti: le prossime settimane serviranno a chiarire la platea dei concorrenti in entrambi i partiti.
Elezioni Usa 2016, le incognite
Resta anche da vedere cosa succederà da qui ai prossimi mesi. Dopo la vittoria alle elezioni di metà mandato, le aspettative nei confronti del Grand Old Party sono più alte, così come crescono le responsabilità. La nuova cornice politica potrebbe inoltre finire col favorire Hillary Clinton, a oggi la figura più popolare tra i Democratici. C’è poi da dire che in ogni caso la battaglia che si combatterà negli Stati Uniti nel 2016 sarà tutta diversa: nella composizione dell’elettorato (tra due anni sarà più alto il numero di giovani, asiatici e ispanici al voto rispetto a martedì scorso, ad esempio) ma anche nelle sue dinamiche interne.
Né può essere escluso che tornino ad allargarsi le fratture interne ai Repubblicani, facendo precipitare il partito in un vortice di scontri interni. Qualcosa del genere già si è visto, con una parte del partito disposta al dialogo con Obama e il Tea Party determinato ad adottare un feroce ostruzionismo.
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