(In collaborazione con Mediterranean Affairs)
A distanza di tre anni, la guerra civile travolge ancora la Siria in una spirale di violenza. Gli sforzi diplomatici delle Nazioni Unite per formulare una soluzione pacifica della crisi sono falliti, anche a causa del disaccordo fra Stati Uniti e Russia, che nutrono interessi differenti in Medio Oriente.
Il disaccordo internazionale ha aperto due fronti: da una parte i governi arabi e la Turchia intensificano l’assistenza militare e finanziaria ai ribelli siriani; dall’altra, l’Iran ovvero il principale alleato della Siria, sostiene economicamente il regime di Bashar al-Assad.
In Siria cresce il numero delle vittime
Gli scontri fra le Forze armate siriane e il gruppo di opposizione armato Esercito Siriano Libero (FSA) proseguono ancora senza sosta, e cresce il numero delle vittime tra la popolazione civile, mentre lo scenario di guerra si complica con l’ingresso di nuovi attori, quali le milizie curdo-siriane e i jihadisti dello Stato Islamico (Isis).
La minoranza curda siriana inizialmente ha sostenuto un profilo basso fino al luglio del 2012, quando le truppe affiliate al Partito dell’Unione Democratica (PYD) hanno cominciato a occupare alcune città-baluardo curde a nord-est della Siria. L’obiettivo è rafforzare la propria identità etnica e ampliare le loro aree d’influenza. Ambizioni che agitano la vicina Turchia.
L’incognita dei curdi
Infatti, l’eventuale nascita di uno Stato indipendente curdo, lungo il confine con la Siria, potrebbe riaccendere in Turchia rivendicazioni territoriali da parte dei movimenti separatisti curdi e dei nazionalisti del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), di cui il PYD siriano è una propaggine.
Ciò giustificherebbe l’iniziale esitazione del Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan a sostenere la lotta dei curdi contro l’assalto dei terroristi islamici alla città di Kobanê, a nord della Siria, nell’attuale Kurdistan siriano, situata nei pressi della frontiera con la Turchia, e la richiesta di una zona cuscinetto lungo il confine siriano.
Photo by Beshr O – CC BY 2.0
L’Isis in Siria
L’Isis costituisce un altro serio pericolo: infatti, combinando gli efferati metodi di azione e combattimento di al-Qaeda con le capacità amministrative di Hezbollah, combatte nella guerra civile siriana contro il Presidente al-Assad e si pone in contrapposizione anche ai ribelli al regime.
I raid lanciati dagli Stati Uniti e dagli alleati siriani sulle postazioni jihadiste in Siria si sono rivelati inefficaci: l’Isis presenta una struttura flessibile e il ministro degli Affari Esteri siriano della Siria, Walid Muallem, ha dichiarato che il proprio governo è pronto a collaborare nella lotta contro il terrorismo.
Una mossa diplomatica che garantirebbe ad al-Assad di abbandonare l’attuale isolamento in cui si trova il paese siriano e, inoltre, liberare il territorio dalle milizie del Fronte al-Nuṣra. Alleato del FSA contro il regime e contro l’ISIS, questo gruppo terroristico ha occupato la provincia di Idlib, a nord-ovest della Siria, mettendo in fuga proprio le truppe del FSA.
Lo spettro del terrorismo costituisce una priorità nelle agende politiche internazionali fino a offuscare, anche mediaticamente, la crisi che si sta consumando in Siria. Il generale Martin Dempsey, attuale Capo dello Stato Maggiore congiunto delle forze armate statunitensi, sostiene che l’Isis non possa essere sconfitto finché controllerà parte della Siria, quindi la questione siriana non può passare in secondo piano. Piuttosto, è la guerra civile in Siria e la sua estensione ad aver innescato la polveriera mediorientale, assumendo una dimensione umanitaria preoccupante.
In Siria è emergenza umanitaria
A tal proposito, in occasione della XXVII Sessione Ordinaria del Consiglio dei Diritti dell’Uomo, l’UNHCR ha descritto la situazione in Siria come la peggiore catastrofe umanitaria al mondo. Sono più di 190.000 le vittime, oltre 3 milioni i profughi che hanno raggiunto i paesi limitrofi come Turchia, Libano, Giordania e Iraq, e circa 6,5 milioni gli sfollati all’interno della Siria.
Di questi, circa 150.000 hanno chiesto asilo politico all’Unione Europea, che si è già impegnata a integrare all’interno delle proprie società i profughi siriani. Di fronte a queste cifre, l’UNHCR ha sollecitato le superpotenze a ricercare delle immediate soluzioni affinché la crisi in Siria non si riveli l’ennesimo fallimento della comunità internazionale.
Federica Fanuli
(Mediterranean Affairs – Contributing editor)
Immagine in evidenza: Photo by Watchsmart – CC BY 2.0