Pensioni, pil divora rivalutazione dei contributi
Pensioni: la nuova vittima della recessione è la pensione pubblica, quella che viene liquidata dall’Inps e dagli enti previdenziali.
Vittime non nuove saranno milioni di lavoratori che vedranno perdere valore ai propri contributi già versati. 100 euro diventeranno 99,8 euro. Un vero e proprio investimento in perdita dettato dalla legge.
I soldi versati anziché rivalutarsi si svalutano con il rischio di avere rendite pensionistiche ancora più magre in futuro. Colpa della recessione come detto, ma anche del metodo contributivo varato dalla riforma previdenziale del governo Dini (1995).
La legge stabilisce appunto che gli assegni pensionistici debbano dipendere dai contributi versati nel corso della carriera. Con il metodo precedente, quello retributivo, la somma degli assegni era legata alla media degli ultimi stipendi percepiti dal lavoratore prima di andare in pensione.
I soldi versati all’Inps da parte dei lavoratori vanno a costituire quello che viene definito montante contributivo. La crescita di quest’ultimo è legata indissolubilmente all’andamento dell’economia. Indicatore determinante è il pil nominale, la variazione del prodotto interno lordo in base agli effetti dell’inflazione.
Con un inflazione al 2% e una crescita reale del Pil del 2%, la variazione del Pil sarà complessivamente intorno al 4%. Fino al 2014 il Pil nominale è sempre stato positivo. Magari di poco, ma abbastanza da consentire ai contributi pensionistici degli italiani di subire una rivalutazione con segno positivo.
Il crollo del pil negli ultimi anni ha però inferto un colpo pesante al sopra citato montante contributivo facendolo diminuire dello 0,2%. Alla crisi economica in cui insieme agli altri paesi versa l’Italia si unisce la bassa inflazione. La situazione è dunque destinata a non migliorare per molti anni. Se il Pil non tornerà a crescere, il montante contributivo non aumenterà. Se non aumenta il montante contributivo, non aumenteranno le pensioni. L’ammontare degli assegni pensionistici vieni infatti calcolato moltiplicando i contributi versati (già rivalutati) per un dato coefficiente.
L’Inps ha già allertato il overno. Con un pil negativo il coefficiente di rivalutazione non può essere positivo. Oggi è il termine ultimo consentito al Parlamento per presentare emendamenti alla Legge di Stabilità, poi la parola passerà al governo. È attesa una risposta all’ente di previdenza già oggi dunque. Lello Di Gioia, presidente della commissione bicamerale di vigilanza degli enti previdenziali ha dichiarato “A quanto mi risulta, ci si sta muovendo perché già in questa legge di Stabilità possa essere inserita la modifica alla modalità di calcolo del tasso annuo di capitalizzazione in modo che non possa diventare negativo”. È auspicio di tutti che venga trovata una soluzione definitiva e non temporanea. Auspicabile, più di ogni altra cosa, che il pil del nostro paese torni ad essere accompagnato da un corposo segno positivo come ormai non accade da tempo.