Tra sentenze, fermezza del governo centrale e prove di forza delle autorità regionali, la Catalogna oggi sfida Madrid e convoca alle urne il popolo che chiede l’indipendenza, per un voto che non avrà conseguenze giuridiche ma che promette di averne molte in ambito politico.
Sono 5,4 milioni i catalani chiamati alle urne. Vota chi ha dai sedici anni in su. Basta esibire una carta d’identità valida che attesti la residenza in Catalogna. Sono due le domande che chi si recherà ai seggi troverà sulle schede: “Volete che la Catalogna diventi uno Stato?” e, se sì, “Volete che questo Stato sia indipendente?”.
Secondo i sondaggi, un catalano su due sarebbe pronto a votare per l’indipendenza. Una indagine del quotidiano El País mostra invece che circa il 70 per cento voterebbe sì almeno al primo quesito, auspicando una soluzione che condurrebbe a uno Stato autonomo di tipo confederale.
I numeri
Il voto sarà gestito da decine di migliaia di volontari che nei giorni scorsi hanno telefonato alla gente per convincerla ad andare a votare. Circa 7.000 agenti della polizia catalana vigileranno affinché il processo partecipativo si svolga pacificamente. Gli organizzatori si aspettano un milione e mezzo di votanti ma puntano a qualcosa in più.
Photo by Stasiu Tomczak – CC BY 2.0
La Catalogna contro Madrid
La Catalogna va al voto sull’indipendenza ma la consultazione popolare non è per nulla simile a quella che è andata in scena in Scozia a settembre. Si è giocato e si gioca con i nomi provando a schivare i paletti giuridici: prima referendum, poi consultazione popolare, ma anche consultazione alternativa, o processo partecipativo.
I catalani andranno a votare sapendo che la Procura generale della Catalogna, su richiesta di quella dello Stato, ha aperto un’inchiesta per accertare se l’uso di luoghi pubblici per la consultazione costituisca reato. Ma la mobilitazione è grande. La macchina organizzativa non si è fermata neanche di fronte alla sentenza della Corte costituzionale spagnola che a inizio settimana ha sospeso la consultazione simbolica. Anzi: la fermezza del governo spagnolo ha prodotto come risultato l’inasprimento delle reciproche posizioni.
La fermezza del governo centrale
Il governo di Madrid non ha autorizzato il voto e ha provato con decisione a fermarlo. Il premier Rajoy ha già bollato la consultazione come illegale ai sensi della costituzione spagnola (che attribuisce al governo centrale l’organizzazione di referendum giuridicamente vincolanti) e “priva di garanzie democratiche minime”.
Inoltre da Madrid sottolineano come il voto sarà gestito da volontari e non da funzionari pubblici. Ma l’impatto politico potrebbe essere comunque dirompente. E più grande sarà la partecipazione popolare, più grande sarà l’effetto. Il governo spagnolo potrebbe anche ordinare alla polizia o alla Guardia civil di intervenire nei seggi ma difficilmente Madrid deciderà di iniettare una ulteriore dose di tensione in un quadro già molto confuso.
La situazione politica in Catalogna
Ma la situazione è altrettanto confusa anche nella stessa Catalogna. C’è lo spettro delle elezioni anticipate, infatti, e il partito di Convergencia i Uniò di Artur Mas, presidente della Generalitat de Catalunya (il Parlamento catalano) deve guardarsi le spalle: la sinistra dagli indipendentisti di Esquerra Republicana de Catalunya e quella di Candidatura d’Unitat Popular incalzano e potrebbero produrre un’ulteriore avvitamento nel processo che spinge per l’indipendenza della regione. Come ha scritto la BBC, il voto di oggi non ha precedenti nella storia della Spagna e nessuno sa dire davvero a cosa porterà.
Immagine in evidenza: photo by Stasiu Tomczak – CC BY 2.0