Dopo l’incontro con il ministro dell’Economia Padoan, Matteo Renzi ha quasi concluso la stesura del decreto Irpef che conterrà anche le prime norme per la spending review. La bozza, tuttavia, è ancora in fase di elaborazione e di revisione.
Tema centrale dell’incontro lo sconto Irpef che interesserà tutti i lavoratori con un reddito inferiore ai 28.000 euro. Il bonus potrebbe spettare anche agli incapienti, cioè a coloro che a causa di un reddito troppo basso non pagano le tasse.
Il “credito“, che dovrebbe arrivare già dal mese di maggio, verrà così distribuito: un bonus pari al 3,5% del reddito dovrebbe essere garantito a chi ha un reddito sotto i 17.714, mentre per chi ha un reddito superiore ai 17.714 euro ma inferiore ai 24.500 euro il bonus sarà di 620 euro per l’anno 2014 e di 950 euro per il 2015. Bonus che dovrebbe poi scendere progressivamente fino ai 28.000 euro.
Si discute però ancora sull’argomento e sulle eventuali coperture del bonus. Lo stesso Renzi, a quanto si apprende, non è pienamente soddisfatto delle bozze circolate ieri, sopratutto per quanto riguarda l’idea di un bonus che aumenta nel 2015. E’ quindi più che probabile che il testo del decreto Irpef oggi venga del tutto rivisto.
Il decreto, inoltre, prevede riduzioni di spesa su diversi fronti. Innanzitutto un taglio alla sanità per circa 2,4 miliardi. “Il servizio sanitario nazionale – si legge nella bozza – è ridotto di 868 milioni di euro per l’anno 2014 e di 1.508 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015”. Sono previsti inoltre tagli alla Difesa, tagli alle auto blu (-70% di spesa rispetto al 2011), ripristino dell’Imu per i fabbricati rurali.
Ma soprattutto un taglio degli stipendi dei dirigenti pubblici che si articola in quattro fasce. Si parte da un tetto massimo di 238.000 euro parametrato al compenso del Presidente della Repubblica; per le fasce più basse sono previste riduzioni progressive del 22% (ossia a un massimo di 185.640 euro), del 54% (109. 480 euro) e del 60% (95.200 euro). Il taglio degli stipendi dei manager pubblici riguarda le società a partecipazione pubblica , ma non le quotate o quelle che emettono strumenti finanziari. Di conseguenza restano fuori dai tagli Ferrovie dello Stato e Poste Italiane.
Alessandra Scolaro