Da Assisi la Conferenza episcopale italiana (Cei) torna a far sentire la propria voce sul tema delle unioni civili tra persone dello stesso sesso. “La famiglia, come definita e garantita dalla Costituzione, continua – ha dichiarato il presidente Bagnasco – ad essere il presidio del nostro Paese, la rete benefica, morale e materiale, che permette alla gente di non sentirsi abbandonata e sola davanti alle tribolazioni e alle ansie del presente e del futuro”. “L’amore – ha proseguito – non è solo sentimento: è decisione; i figli non sono oggetti né da produrre né da pretendere o contendere, non sono a servizio dei desideri degli adulti: sono i soggetti più deboli e delicati, hanno diritto a un papà e a una mamma. Il nichilismo, annunciato più di un secolo fa, si aggira in Occidente, fa clima e sottomette le menti”.
Poi il duro attacco all’indirizzo di chi vorrebbe aprire alle nozze gay: “Indebolire la famiglia tradizionale creando nuove figure, seppure con distinguo pretestuosi che hanno l’unico scopo di confondere la gente e di essere una specie di cavallo di Troia di classica memoria, è irresponsabile”.
Arriva una reprimenda contro il mondo politico: “C’era un tessuto connettivo del paese e da quello partivano le legittime differenze che, però, non impedivano di intendersi sui principi fondamentali. Ma oggi? Non ci sono macerie di case da ricostruire, sembrano esserci, invece, le macerie dell’alfabeto umano. Per questo, per poter rispondere doverosamente al ‘che cosa fare?’, è necessario chiederci chi siamo, che cosa vogliamo essere. In altri termini, potremmo dire che bisogna rifondare la politica, rimettere cioè a fuoco che cosa vuol dire stare insieme, lavorare insieme per essere che cosa. Non è un esercizio astratto, ma la premessa di ogni urgente dover fare. Premessa che, nell’Italia del dopoguerra, era chiara per tutti, anche per quanti forse non sapevano dirla a parole, ma la sentivano col cuore”.