La ripresa economica era all’orizzonte già dal 2013, ma non si è concretizzata, almeno in Italia, mentre il segno + fa capolino in modo più o meno convincente in Spagna, Portogallo persino in Grecia.
Per un Paese che si è sempre fregiato di essere un Paese manifatturiero, il secondo d’Europa dietro l’inarrivabile Germania, la produzione industriale non può essere una statistica da ignorare
E tuttavia gli ultimi dati ISTAT sono impietosi: a settembre l’indice diminuisce dello 0,9% rispetto ad agosto e del 2,9% su settembre 2013, e anche se il Centro Studi di Confindustria preannuncia una stima di un +0,4% congiunturale (mese su mese) per ottobre, il bilancio è decisamente negativo, le variazioni con il segno meno sono state più profonde di quelle con il segno più, che hanno sempre fatto credere in una svolta poi non verificatasi, come vediamo dalla seguente infografica:
Il risultato, osservando l’andamento complessivo, è di un calo ripreso dopo una pausa di un anno, tra metà 2013 e metà 2014. A settembre siamo arrivati a un valore di 89,8, posto il valore del 2010 a 100, e già nel 2010 si era scesi a causa della prima crisi del 2008-2009, così che ora il livello della produzione industriale è del 25% inferiore al picco del periodo pre-crisi.
Di seguito vediamo il grafico della produzione industriale complessiva negli ultimi due anni di crisi economica
E qui l’andamento che comprende la crisi del 2009:
Come si vede, e come detto in precedenza, già il 2010 rappresentava un valore notevolmente minore del picco del 2008, ora stiamo tornando ai livelli di minimo, invece, da cui dalla seconda metà del 2009 fino al 2011 ci si era ripresi. A dimostrazione che se l’innesco della crisi economica era stato il collasso del commercio mondiale causato dalla crisi delle banche d’affari dopo il fallimento di Lehman Brothers, sotto covava nelle ceneri la debolezza strutturale italiana come degli altri PIIGS, pre-esistente alla crisi del 2008.
Infatti mentre i Paesi inizialmente più colpiti, quelli anglosassoni, compresa l’Irlanda, si sono ripresi rapidamente, è l’Italia quella che rimane con livelli di reddito e di produzione industriale notevolemente peggiori di 6 anni fa, appunto, circa il 25%.
E’ tuttavia molto interessante distingure tra le varie tipologie di beni prodotti, come la produzione di alcuni cala maggiormente di quella di altri: i beni di consumo durevole sono quelli che subiscono maggiormente la crisi, automobili, frigoriferi, lavatrici, conosciamo le storie di delocalizzazione, le odissee industriali di molte aziende, e del resto è cambiato il modello di consumo, così come le preferenze dei consumatori, spesso lavoratori più precari che preferisocno il consumo a breve termine. Ma vediamo l’infografica:
Mentre i beni di consumo non durevoli hanno una rigidità maggiore, come di consueto, e calano meno in presenza di crisi, i beni intermedi si sono in parte ripresi, sono tra quelli più coinvolti nelle esportazioni, che, seppure ora stabili, negli ultimi anni sono state l’unico elemento positivo della nostra economia. Discorso simile per i beni strumentali, anch’essi stabili, il problema rimane quello dei beni durevoli quindi, non a caso sono anche quelli più legati agli investimenti, la voce che ha subito e subisce anche oggi i crolli maggiori, quella verso cui dovrebbe essere rivolta, e non pare lo sia, l’.