Da giorni circola la notizia delle imminenti dimissioni di Giorgio Napolitano, il Quirinale non smentisce né conferma, la stampa si concentra sui possibili nomi per la successione. C’è chi invece si sbilancia, annunciando anche il giorno in cui il presidente della Repubblica porrà fine al suo mandato: Il Giornale avverte di segnare “con un cerchio rosso” il 20 gennaio 2015 sul calendario: quel giorno, secondo quanto riportato sul sito, Napolitano rassegnerà le sue dimissioni “dopo aver accettato, un anno fa, di succedere a se stesso, Giorgio I, nel tentativo (ahimè mancato) di rimettere ordine in quel reame della politica in cui sembrano saltate tutte le vecchie regole del gioco.”
Secondo quanto scrive Dagospia, invece, Napolitano sarebbe deluso per aver “bruciato” tre governi (Monti, Letta e Renzi), “esautorando, di fatto, il Parlamento e di aver garantito il ‘patto occulto’ (tra Renzi e Berlusconi) senza riuscire a dipanare la matassa politico-istituzionale”, dalla legge elettorale alla riforma del Senato.
Le dimissioni ci saranno nonostante le pressioni del presidente del Consiglio, che vorrebbe rinviare almeno a primavera la rischiosa elezione del nuovo presidente. Il Capo dello Stato avrebbe deciso di mantenere il programma: conclusione del semestre italiano di presidenza europea, incontro verso il 20 dicembre con le alte cariche della Repubblica per il rituale scambio di auguri, discorso di Capodanno agli italiani con preannuncio in diretta del suo ritiro “per comprensibili motivi di età e di ‘insostenibilità’ fisica del ruolo”.
Dal Quirinale però, ancora nessuna conferma ufficiale, tanto meno una data prestabilita. Sempre secondo Dagospia, Napolitano tiene riservate le prossime mosse per due motivi. Primo, perché si tratta di una scelta ponderata e personale, senza subire condizionamenti esterni. Secondo, perché annunciare in anticipo di voler lasciare il Colle significherebbe “dare una scadenza al mandato, depotenziare la sua figura, aprire di fatto una specie di ‘bimestre bianco’. Invece, come nella nota diffusa domenica scorsa, il presidente intende mantenere fino all’ultimo giorno tutti i suoi poteri.
Renzi e tutto il Partito Democratico temono un Parlamento bloccato per l’elezione del capo dello Stato, magari senza un accordo preventivo su un nome e impantanato come l’ultima volta in settimane di inutili votazioni, il che ritarderebbe ulteriormente il processo di riforme avviato nel febbraio scorso. Basta infatti vedere quello che è successo con la Consulta e il Csm, il gioco di veti e di vendette che ha provocato un lungo stallo non ancora concluso (manca ancora da eleggere un candidato di Forza Italia alla Consulta).
Da qui partirebbe il pressing di Renzi sul Quirinale negli ultimi giorni, la richiesta di restare almeno fino maggio. L’altra sera il premier si era dimostrato ottimista da Vespa: “forse ci farà una sorpresa..” – aveva dichiarato.
Ilaria Porrone