Continua il dibattito sul Jobs Act. A difesa del provvedimento intervengono il premier Matteo Renzi e il ministro del Lavoro Giuliano Poletti.
Poletti: “Toni di Landini sono esagerati”
“Penso che le politiche del nostro governo non rappresentino una ragione per il conflitto nelle piazze. I sindacati e le organizzazioni hanno tutto il diritto di manifestare il loro dissenso, ma il governo deve dare risposte ai problemi dei cittadini. E lo sta facendo nella giusta direzione”. Lo afferma a Repubblica il ministro del Lavoro Giuliano Poletti. Sulle parole del leader Fiom, Maurizio Landini, che ha definito l’accordo sul Jobs Act “una presa in giro”, Poletti replica: “Non è così. Bisognerebbe avere più riguardo e misura nelle cose che si dicono. Landini ha esagerato. Specie in momenti come questi occorre avere rispetto del lavoro che il Parlamento fa. Il Senato ha migliorato la delega, oggi si appresta a farlo la Camera. Rispettiamo il lavoro di tutti”.
Sul presunto scontro sinistra contro sinistra, Poletti fa notare che “ci sono valutazioni diverse e responsabilità diverse” mentre esprime “solidarietà a Taddei” per le minacce e sottolinea come in questo momento servano “tranquillità e sicurezza. Il nostro Paese ha un debito molto alto – avverte anche – non possiamo fare interventi oltre una certa entità”. Alla domanda invece se il governo metterà la fiducia sul Jobs Act, Poletti replica: “Dipende dai tempi, noi vogliamo correre veloci”.
Renzi: “Manifestazione non fermeranno il governo”
“La realtà è più forte dei pregiudizi, la verità di quello che noi siamo in grado di fare è più forte delle previsioni negative, la realtà convincerà anche i più scettici ad arrendersi”. Così il premier Matteo Renzi, intervistato da Skytg24 a Brisbane. “È finito il tempo in cui bastava una manifestazione per mettere in crisi il governo. Rispetto la piazza ma anche la stragrande maggioranza degli italiani che vuole che l’Italia torni ad esser ciò che deve essere, leader e non fanalino di coda in Europa”.
Avvenire: Nel 2015 Commissione Ue metterà al centro lavoro e sviluppo
Un pezzo di carta che non può essere smentito, un documento firmato da Jean Claude Juncker in persona e dal suo vice Frans Timmermans. Destinatari: Matteo Renzi (in qualità di presidente di turno dell’Ue) e il vertice dell’Europarlamento, il socialista tedesco Martin Schulz. Così Avvenire dà notizia della lettera inviata a Roma via mail il 12 novembre, di cui sono entrati in possesso anche Messaggero e Secolo XIX, con l’illustrazione del programma per il 2015 della nuova Commissione Ue. Dieci punti, ma una priorità assoluta: “Una nuova spinta per il lavoro, la crescita e gli investimenti”.
Un impegno tradotto in tre obiettivi: il pacchetto da 300 miliardi pronto entro la fine del 2014, la rivisitazione della strategia 2020, la semplificazione delle regole comunitarie. In quattro pagine, commenta Avvenire, non una parola su austerità e controllo dei conti. Anzi, il punto 5 addirittura si spinge a promuovere “una più profonda e giusta unione monetaria ed economica” che passa anche per il lavoro di “rivisitazione del six pack e del two pack”, i regolamenti sulla riduzione del debito e del deficit che tengono per la gola i Paesi del Sud Europa, Italia in testa.