A Tor Sapienza la rabbia è un focolare difficile da spegnere. Come l’esasperazione. Reportage, istantanee, cronache stampate, analisi sociologiche e dietrologie nostrane, ci mostrano impietosamente un paese che non conoscevamo fino a ieri.
Una periferia abbandonata dallo Stato. Decine di cittadini furibondi che se si abbattono sul nemico più debole. Sfiancato da guerre fratricide, lutti familiari, viaggi stremanti o morte annunciata. Una vergogna indicibile che non ammette innocenti.
L’ultima vittima di Tor Sapienza è Paola Taverna, senatrice del MoVimento 5 Stelle, da Torre Maura. Romana “de Roma”, insomma (e si sente). “Te ne devi annà” le hanno inveito contro, “non venite a fare politica qui”. Lei, passionale, sanguigna, ‘na burina. Diventa paonazza, gonfia i polmoni, stringe i pugni e ringhia: “non sono un politico, non sono una senatrice”.
Davanti a lei, uno del quartiere la irride, per nulla intimorito (è pur sempre una parlamentare della Repubblica). Senza pietà. “E allora cos’è il Movimento 5 Stelle? La Caritas?”. Gelo. Cala il sipario. Pochi politici hanno visitato il martoriato quartiere di Tor Sapienza nei giorni scorsi. E, oltretutto, i maligni pensano che siano tutte passerelle. Che tra qualche giorno, quando anche l’ultimo cameraman sarà tornato a bazzicare di nuovo la buvette di Montecitorio, spariranno tutti.
Il rigetto verso la politica è tanto anche se, come dice Ernesto Galli Della Loggia, gli abitanti di Tor Sapienza avrebbero bisogno di “più politica, di più politici”. Ma niente, solo ribrezzo.
A Paola Taverna e altri attivisti del MoVimento seguito è stato impedito fisicamente di partecipare all’assemblea pubblica dei residenti. “Abbiamo chiesto alla politica di non essere presenti qui perché noi vogliamo essere protagonisti della nostra vita senza alcuna etichetta politica” dice Sandra Zammataro, portavoce del comitato. “Il Movimento 5 Stelle – conclude – come altri, fa parte di uno Stato che non ci rappresenta”.
Risponde Grillo: “La signora Zammataro, guarda caso, è una candidata del Pd in posizione 24 per il Comune di Roma. Ahiaaah! Beccata”. Insomma, tutto un complotto interno al PD.
La Taverna non si arrende: “non ci vogliono? Io vado dove voglio, io abito a cento metri da qui, al Quarticciolo (tra viale Togliatti e via Prenestina, ndr) e non sono arrivata qui per fare una passerella politica”. Finora tutto bene, poi riparte l’immancabile pippone grillino: “Marino, Pd, Forza Italia, Ncd sono tutti uguali” perché “cavalcano solo l’informazione sulla pelle dei cittadini”.
La difesa della Taverna: “Se dovessi andare in giro a ricevere applausi mi chiamerei Renzi”
Il giorno dopo la contestazione, la portavoce del M5S al Senato, commenta la serata di ieri con un post sul suo profilo Facebook. “Se dovessi andare in giro a ricevere applausi manovrati dalla claque e stringere le mani a controfigure mi chiamerei Renzi, invece mi chiamo Paola Taverna e capisco la rabbia delle persone che ho incontrato oggi, non la cavalco e non vado a fare campagna elettorale. Me ne frego se dopo due ore che ho parlato con decine di persone, tutto quello che passerà sui giornali saranno due controfigure che mi contestano. Ho mani libere e coscienza pulita tanto da sapere di non avere responsabilità se oggi le periferie sono abbandonate a se stesse. Sono entrata in quei palazzi proprio per questo ma il sistema tanto perfetto ha fatto si che oggi nella stessa periferia che mi ha visto crescere io venga percepita come una “politica”. Quando si spegneranno i riflettori, quando qualche comitato avrà garantito il nome di pochi nella prossima lista, quando Tor Sapienza verrà dimenticata, come Quarticciolo, come Tor Pignattara avrò modo di incontrare chi ha veramente voglia di cambiare questo Paese. Se credono che chi era lì oggi per garantire l’incontro di domani con Marino possa scoraggiarmi dal mio sogno di cambiare questo sistema vuol dire che non ci conoscono ancora. Tempo al tempo. I 1000 giorni di Renzi sveleranno tante cose. Cittadini con l’elmetto dentro le istituzioni altro che politici.”
Giacomo Salvini