Le autorità russe in Crimea non rispettano i diritti civili: a denunciarlo è Human Rights Watch, un’organizzazione non governativa internazionale che si occupa della difesa dei diritti umani. Da quanto la Crimea è passata sotto l’ala della Russia, nella primavera scorsa, le voci dissidenti hanno visto restringersi i propri diritti.
Il report
Il rapporto di Human Rights Watch si compone di 37 pagine nelle quali sono state raccolte interviste e testimonianze a membri della comunità tartara, ma anche a giornalisti, editori, attivisti. Al documento è stato affiancato un video che testimonia le intimidazioni e le aggressioni che in particolare i tartari della Crimea sono costretti a subire.
“Mentre l’attenzione del mondo è tutta per ciò che sta accadendo nell’Ucraina orientale, le violazioni dei diritti civili in Crimea hanno subito un’impennata” ha dichiarato Yulia Gorbunova, che si occupa di Europa e Asia orientale per Human Rights Watch: “Le autorità stanno perseguendo coloro che hanno osato esprimere posizioni apertamente critiche nei confronti dell’operato della Russia nella penisola”.
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La nazionalità
Secondo quanto sostiene Human Rights Watch, in Crimea le autorità hanno messo la popolazione di fronte a un bivio: accettare di diventare cittadini russi oppure rifiutare e vivere da stranieri in patria, con il rischio di essere espulsi in futuro. “Mosca non sta davvero offrendo un’opportunità ma sta obbligando i civili a scegliere tra la cittadinanza russa o una vita di discriminazioni – o peggio” ha dichiarato Yulia Gorbunova.
La violazione dei diritti
Affermando di voler prevenire e combattere derive estremiste, le autorità della Crimea hanno spesso proceduto a perquisizioni (in alcuni casi non autorizzate) nelle moschee, nelle abitazioni, nelle scuole della comunità tartara alla ricerca di droga, armi o materiale vietato. Alcuni editori sono stati avvisati: se non cambieranno la loro linea ritenuta anti-russa, le pubblicazioni dovranno cessare.
Human Rights Watch chiede alla Russia e alle autorità della Crimea di permettere l’accesso nella penisola a osservatori internazionali affinché sia fatta piena luce su ciò che sta accadendo nella regione.
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