In una fase politica caratterizzata da confusione ideologica e alleanze fluttuanti, il paradigma baumaniano della “società liquida” continua a trovare continui riscontri nella realtà. L’ultimo esempio ce lo fornisce Renato Brunetta. L’esuberante parlamentare di Forza Italia, infatti, intervistato dal Garantista, ha raccontato l’incontro avvenuto nella giornata di ieri con Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, definendolo “un semplice scambio di vedute per discutere sulla democrazia e di dialogo sociale”.
La Camusso, a quanto sembra, avrebbe espresso al capogruppo di Forza Italia a Montecitorio le preoccupazioni della Cgil in particolare su tre provvedimenti del governo che il Parlamento è in procinto di adottare: la legge di stabilità, la riforma della pubblica amministrazione e il Jobs Act.
Dal canto suo, Brunetta ha giudicato positivo l’esito dell’incontro, dichiarandosi a favore di “un sindacato moderno. Che deve esistere e non deve essere rottamato, come sta facendo una parte del governo”. Il riferimento, fin troppo evidente, è a Matteo Renzi, che – nell’opinione dell’ex ministro – starebbe “rottamando tutti i corpi intermedi – non soltanto i sindacati ma anche i partiti. Soprattutto sta rottamando il Parlamento. Questa è la strada che porta al peronismo. Io ho sempre ascoltato il sindacato. Poi è il governo a decidere. Ripeto, bisogna ascoltarli. Non tiranneggiarli o insultati come fa l`attuale presidente del Consiglio”.
Le inaspettate parole di Brunetta, però, non sono andate giù a diversi compagni di partito, i quali non hanno mancato di sottolineare il proprio disappunto. Daniela Santanché chiede “all’amico Brunetta” di non passare “dalla padella alla brace. La Camusso rappresenta tutto il contrario di ciò che abbiamo sempre pensato e che dovremmo continuare a pensare”. Rincara la dose un altro parlamentare forzista, Maurizio Bianconi, per il quale “vedere Brunetta che difende la Camusso e la Cgil la dice lunga sugli effetti collaterali del Patto del Nazareno: la subalternità politica e culturale di Forza Italia al Pd. Inaccettabile”.
La risposta del diretto interessato non si è fatta attendere. Brunetta, infatti, ha messo in guardia Bianconi e Santanché dal cadere in un fraintendimento, “perché una cosa è il dialogo sociale, altra, e ben diversa, cosa è condividere la linea della Cgil. Io sono per il dialogo sociale, così come lo è sempre stata Forza Italia, secondo le regole europee. Per il resto tutto mi differenzia dalla Cgil e dalla Camusso”.
A “difesa” di Brunetta, è lecito ricordare la sua formazione politica socialista, il suo interesse accademico verso l’economia del lavoro, gli anni della presidenza della fondazione intitolata a Giacomo Brodolini (il “padre” dello Statuto dei Lavoratori”). Proprio qualche settimana fa, inoltre, suo è stato l’intervenuto conclusivo durante la presentazione del libro “Il Capitale del XX secolo”, con l’economista neomarxista Thomas Piketty, Stefano Fassina, decine di esponenti della sinistra dem e una platea piena di storici volti noti, certo non riconducibili ad esperienze politiche liberiste.
È anche opportuno, tuttavia, tenere in considerazione la sua mai celata ostilità verso Renzi, anche quando questi affascinava l’elettorato (attivo e passivo) di Forza Italia. Pertanto, non si può escludere che Brunetta abbia escogitato solo una mossa strategica mirata a corrodere ulteriormente le già precarie basi su cui poggia il patto del Nazareno. Brunetta non è certo uno che le manda a dire, e pur di “picconare” l’esecutivo in carica sarebbe disposto anche a mettere in atto brevi alleanze transitorie e trasversali. Senza contare che per Silvio Berlusconi quello di Brunetta rappresenta ancora un parere autorevole. Anche quando, in tempi non sospetti, quest’ultimo – in qualità di ministro della Pubblica amministrazione – delegittimava il sindacato quasi ogni giorno e parlava di fannulloni.