(In collaborazione con Mediterranean Affairs)
Ancora scontri sotto il cielo di Gerusalemme. La città è nuovamente teatro di attacchi fra israeliani e palestinesi. Nelle ultime settimane si è assistito a un “botta e risposta” di attacchi che ha provocato numerose vittime, rinviando così una soluzione per una questione che sembra non lasciare spazio a prospettive positive.
L’attentato di martedì
L’attentato dello scorso martedì è avvenuto presso la sinagoga di Har Nof, nell’area Ovest di Gerusalemme. L’attacco ha provocato la morte di cinque uomini e il ferimento di altri otto, tutti israeliani. Non è mancato il tempestivo intervento della polizia israeliana che, all’uscita della sinagoga, ha ferito mortalmente gli autori dell’attentato, due uomini palestinesi. I due attentatori sono i cugini Ghassan e Odai Abu Jamal, risedenti a Gerusalemme Est e appartenenti al Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina.
Nel pomeriggio numerose proteste sono esplose in diverse aree della città, provocando altre vittime. Nel frattempo, la polizia israeliana ha demolito un intero palazzo sito nell’area Est di Gerusalemme, in cui viveva il terrorista palestinese che lo scorso 22 ottobre ha ucciso una giovane donna e un bambino israeliani a Silwan, presso Gerusalemme Est. Nello stabile abitavano anche quattro famiglie palestinesi che sono state costrette ad abbandonare la struttura all’arrivo delle forze dell’ordine.
Photo by Labour Palestine – CC BY 2.0
La rappresaglia israeliana
Quest’azione è stata applicata come rappresaglia all’attacco della sinagoga: infatti, il Primo Ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha immediatamente ordinato la distruzione delle case dei due attentatori, accusando l’organizzazione palestinese Hamas di essere l’artefice dell’attentato. Netanyahu sostiene che Hamas mediante l’attentato ambisca ad acquisire il controllo sull’area sacra del Monte del Tempio (nota anche come Spianata delle Moschee).
Le reazioni
L’ufficio del Presidente palestinese, Mahmoud Abbas ha commentato la notizia condannando il brutale omicidio di civili presso un luogo sacro. Anche il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, è intervenuto in merito alla questione, manifestando il proprio disappunto.
Gli insediamenti
Probabilmente la politica d’incremento degli insediamenti, che già da qualche tempo Netanyahu ha inteso intraprendere su tutto il territorio e in particolare a Gerusalemme Est, ha minato l’equilibrio precario dell’area in questione provocando un susseguirsi di attacchi nelle ultime settimane. Questa linea politica è stata definita come “violazione della legge internazionale” dal Sottosegretario Generale per gli Affari Politici dell’ONU, Jeffrey D. Feltman, in occasione di una precedente riunione del Consiglio di Sicurezza sulla situazione dei territori occupati a Gerusalemme Est.
Nonostante tale disappunto, condiviso sia dall’osservatore dello Stato della Palestina, Riyad Mansour, sia dal Rappresentante Permanente per gli Stati Uniti presso l’ONU, David Pressman, Israele non ha interrotto le proprie politiche di espansione. A farne le spese, ancora una volta, è la società civile di entrambi gli Stati che coesistono faticosamente. Di fronte ad uno scenario in cui la religione e le politiche internazionali s’intrecciano creando un equilibrio di cristallo, è impossibile prospettare, per lo meno nel breve periodo, l’avvio di negoziati per la costruzione di rapporti di una civile convivenza fra le parti.
Lucia Vasta
(Mediterranean Affairs – Contributing editor)
Immagine in evidenza: photo by Bradley Howard – CC BY 2.0