Le elezioni regionali 2014 per l’Emilia Romagna e la Calabria si sono appena concluse e protagonista indiscusso è stato l’astensionismo. A suscitare scalpore è soprattutto la Regione Emilia Romagna, “rossa” per eccellenza. Nonostante la vittoria del Partito Democratico, molti militanti hanno preferito rimanere a casa, tanto che secondo le stime, il Pd ha bruciato 700.000 voti. Ovviamente, il Premier nonché segretario del Pd, Matteo Renzi minimizza l’accaduto; ovviamente la minoranza dem alza un polverone di polemiche e accusa Renzi di “aver sbagliato tutto”.
“Sono disarmanti i dati dell’affluenza degli elettori” ha scritto ieri sul suo blog il deputato dem Pippo Civati. “Da domani forse sarà più chiaro che la governabilità come unica stella è non solo un problema, ma un vero e proprio pericolo. La sera delle elezioni sapremo chi ha vinto, forse. Ma sapremo anche chi avrà perso la democrazia, se andiamo avanti così”.
In realtà i motivi dell’astensionismo sia in Emilia Romagna che in Calabria sono plurimi: dalle inchieste giudiziarie che hanno coinvolto il governatore dem emiliano Vasco Errani, allo scandalo che lo scorso 29 aprile costrinse alle dimissioni l’ex Presidente calabrese Giuseppe Scopelliti. Infine, ad aggiungere legna al fuoco, ci sono i sindacati che stanno portando avanti una campagna contro Matteo Renzi. Si dice che il leader della Fiom emiliana, Bruno Papignani, abbia ordinato ai suoi il boicottaggio del candidato Pd Stefano Bonaccini e che gli iscritti alla Cgil, che in Emilia Romagna sono sugli 800mila, abbiano voluto punire gli attacchi di Renzi al segretario Susanna Camusso.
Come da copione, il segretario del Pd si difende e mette in luce solo il lato positivo del risultato delle regionali, cioè la vittoria del Partito Democratico in entrambe le regioni interessate.
“Mentre il centrodestra discute della propria situazione noi cambiamo l’Italia” ha dichiarato oggi Renzi al GR1. “Dopo 20 anni di fallimenti, anche della Lega, noi lavoriamo per il Paese e alle elezioni si vedrà chi è più forte”. E sul dato della forte astensione: “Deve far riflettere tutti i partiti. Ma i risultati vanno molto bene al Pd, ci siamo ripresi quattro regioni del centrodestra. Abbiamo sempre detto che queste amministrative non erano un referendum sul governo . L’agenda politica del governo non muta”.
Più tardi, da Vienna, nel corso di una conferenza stampa seguita all’incontro con il cancelliere Werner Fayman, il Premier ha dichiarato: “In otto mesi ci sono state cinque elezioni regionali che il Pd ha vinto 5 a 0. Di queste regioni, quattro erano in mano alla destra e sono andate alla sinistra; l’Emilia Romagna invece è rimasta nelle nostre mani. Sono due risultati molto importanti. C’è una parte dell’Italia che viaggia su performance economiche, simili all’Austria e alla Germania, mentre c’è una parte dell’Italia che viaggia con la retromarcia ingranata, come alcune regioni del Sud e, tra queste, la Calabria è quelle messa peggio. Oggi si cambia pagina anche in Calabria. Il Pd conferma il 40% delle elezioni europee. È un risultato da cogliere con grande soddisfazione. L’elevato astensionismo ci deve fare riflettere ma è secondario. Non è vero che tutti hanno perso, oggi ci sono due nuovi presidenti di regione e le forze politiche che hanno contestato le riforme possono valutare i risultati che hanno ottenuto”.
Renzi ha poi concluso: “La mia priorità ora non è mettere le bandierine sulle regioni conquistate ma affrontare i problemi dell’occupazione, pensare al rilancio dell’economia e portare e termine la battaglia per un’Europa dei popoli e non delle burocrazie”.
A fare quadrato attorno il Premier, c’è anche il vice segretario del Pd Lorenzo Guerini che in un’intervista al Corriere delle Sera si è così espresso: “Il crollo della partecipazione è un dato che consegna a tutti un elemento di preoccupazione. Ma non vanifica una vittoria netta, con il Pd sopra al 40%. La campagna elettorale in Emilia è stata sentita pochissimo e ha avuto scarso traino televisivo. Ma dobbiamo impegnarci con forza ancora maggiore sulle domande che i cittadini ci hanno rivolto. Certo, quando la campagna elettorale è caratterizzata da un’alternativa molto debole, c’è più difficoltà a mobilitare”.
La disaffezione al voto, secondo l’esponente democratico, non è un messaggio a Renzi, ma nasce da un insieme di cose: “Dal disagio sociale, dalla vicenda dei rimborsi che ha pesato molto e dal fatto che gli elettori percepiscono il livello istituzionale regionale come lontano dai loro problemi. Il Pd è reduce da un anno di successi elettorali inaspettati, se guardiamo al 2013. Parlare di una crisi del Pd significa fare qualche passo nell’irrealtà”.