Il risultato delle elezioni regionali ha, grossomodo, confermato i sondaggi delle ultime settimane, che fotografano una situazione politica in lenta ma continua evoluzione. Tutti i più famosi istituti di rilevazioni elettorali vedono un Partito democratico in leggero calo ma saldamente primo (forbice tra 36% e 40%), con i principali inseguitori molto distanziati.
Il Movimento 5 Stelle, anch’esso in flessione, è dato intorno al 19-20% mentre Forza Italia si è ormai attestata sul 15-16%. In netto calo l’area centrista (Ncd, Udc e i rimasugli di Scelta civica), sotto al 5% e lontanissima dai “fasti” montiani del 2013, in cui riscuoteva circa il doppio dei consensi.
Scorrendo numeri e percentuali si nota come le recenti polemiche sulla riforma del lavoro abbiano fatto perdere qualcosa a sinistra a Renzi, visto che l’area della sinistra radicale (Sel+Prc), lo scorso maggio al 4%, oggi otterrebbe almeno un punto percentuale in più.
Il risultato che però stupisce più degli altri è la continua ascesa della Lega Nord, che molti istituti danno tra il 9% e il 10% e con buone possibilità di crescita, certificata dal 19% toccato in Emilia-Romagna l’altro ieri. Il merito, va detto, è del tutto ascrivibile al segretario Matteo Salvini, che un anno fa ha preso in mano un partito di fatto dilaniato dagli scandali della famiglia Bossi e del cerchio magico.
Il leader del Carroccio, fin dal suo insediamento (dicembre 2013), ha lavorato con un intento molto preciso: spostare a destra l’asse del partito, riscoprendo quelle parole d’ordine rivolte alla pancia degli elettori(soprattutto sull’immigrazione) che le camice verdi avevano abbandonato dopo i tanti anni di governo. Con un’aggiunta tutt’altro che trascurabile: ragionare in termini nazionali e non più territoriali. Il nemico non è più Roma, ma è Bruxelles, è “l’Europa delle banche e della burocrazia” a cui viene contrapposta “l’Europa dei popoli”. E quindi tutti i nemici delle istituzioni europee diventano amici (a cominciare dal Front National di Marine Le Pen).
Si capisce quindi che, per un progetto di questo tipo,i confini della Padania non bastano più: bisogna allargarsi e coinvolgere tutti i popoli dello Stivale (e infatti nelle prossime settimane verrà lanciata una sorta di Lega Sud).
L’operazione salviniana rischia però di pagare un prezzo molto salato in caso di elezioni nel breve periodo. Nonostante infatti il leader leghista prema per andare alle urne al più presto dicendosi convinto di poter battere Renzi, è opportuno ricordare come la maggioranza degli italiani sia da sempre moderata. E quindi, nel caso di una scelta secca tra un Pd a trazione centrista e una coalizione di destra-destra a guida leghista (con dentro settori di Forza Italia, Fratelli d’Italia e altre schegge) la partita sarebbe impari. E l’esperimento di Salvini finirebbe per diventare una sorta di alternativa di sistema destinata a perenne opposizione. Un po’ come accadeva nella Prima Repubblica con il vecchio Msi.