Sul tema riforme nuovo intervento del ministro Maria Elena Boschi. “Il Governo propone e non pretende” il ritiro del disegno di legge firmato da Chiti e altri del Pd. Il “problema” è “il rispetto dei tempi che ci siamo dati. Per una questione di credibilità. Abbiamo detto che la riforma va approvata in prima lettura a Palazzo Madama entro il 25 maggio”. Così, intervistata da Repubblica, il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi difende il testo del governo per la riforma del Senato.
“Le elezioni c’entrano poco – spiega Boschi – C’entra invece il fatto che il 27 maggio Renzi incontra gli altri premier europei per discutere del futuro continentale. C’entra che la commissione europea, qualche settimana dopo, valuterà il lavoro che abbiamo fatto sull’economia. Se ci presentiamo a questi appuntamenti avendo approvato la riforma del Senato e del Titolo V, avremo una maggiore credibilità”.
“Avevo 15 anni – ricorda – quando l’Ulivo mise, nelle sue tesi, l’idea di un Senato non elettivo, sul modello tedesco. Nessuno gridò allo scandalo. Da ministro delle Riforme, Chiti confessò in Parlamento di preferire l’ipotesi di un Senato eletto ma indicò come alternativa la soluzione tedesca. Non vedo come possa appellarsi a un caso di coscienza”. Detto questo, “siamo il Pd – aggiunge Maria Elena Boschi – Sono gli altri quelli che espellono i dissidenti”.
Boschi invita i costituzionalisti Zagrebelsky e Rodotà al confronto, ma “l’importante è che non sia solo un dibattito accademico”: “Loro fanno i professori, noi abbiamo la responsabilità delle scelte”.
Vannino Chiti risponde al ministro Boschi – “Niente di nuovo sotto il sole: ringrazio il ministro Boschi di darmi atto di una coerenza di impostazione e quindi di non piegare le convinzioni sui cambiamenti alla Costituzione alle contingenze politiche del momento”. Così il senatore Pd Vannino Chiti, replicando all’intervista del ministro Boschi. “È evidente a tutti che la riforma del Senato proposta dal governo non ha niente a che vedere con il Bundesrat. Ritengo – aggiunge Chiti – che nella situazione italiana, nel 2014 – che non è il 1996 – con la crisi di fiducia tra cittadini e istituzioni e il desiderio, a cui dare una risposta, di partecipazione diretta, la soluzione preferibile per la riforma del Parlamento sia una forte riduzione del numero dei deputati e dei senatori e un Senato eletto a suffragio universale. È così in altri paesi che hanno superato – come noi dobbiamo urgentemente fare – il bicameralismo paritario, basti prendere l’esempio della Spagna”.
“In ogni caso confermo che se in Italia, come in Germania, si andasse verso un federalismo solidale, la soluzione rigorosa del Bundesrat, e cioè la presenza dei soli governi regionali con voto unitario, sarebbe per me assolutamente accettabile”, spiega ancora Chiti sottolineando come, “naturalmente, dovrebbe essere sul modello tedesco anche la legge elettorale per la Camera dei Deputati. La Costituzione va vista nel suo insieme: esige equilibri tra le istituzioni e tra i poteri”. “Non si può avere per la Camera una legge ipermaggioritaria, come è l’Italicum, ri-centralizzare molte competenze, come è nella proposta del governo del nuovo Titolo V, e indebolire le funzioni di garanzia oltre che di rappresentanza dei territori del Senato», evidenzia il senatore del Pd, concludendo: “Se le modifiche della Costituzione non hanno un raccordo unitario non si realizza un aggiornamento coerente ma si rischia di impoverire la nostra democrazia”.