Il Medio Oriente e quel rischio di andare in frantumi
Radici storiche, confini tracciati senza tener conto della realtà presente sul terreno, interventi di attori esterni, ma anche e soprattutto questioni tutte interne: secondo il quotidiano israeliano Jerusalem Post, il Medio Oriente corre il rischio di collassare sotto i colpi delle tensioni e delle divisioni insite in molti dei paesi arabi che ne fanno parte.
La fragile geografia del Medio Oriente
Isis, al Qaeda, ma anche le spinte indipendentiste sempre più forti dei curdi, il collasso della Siria, la debolezza dell’Iraq: il Jerusalem Post cita questi esempi come spie d’allarme per una regione, quella del Medio Oriente, esposta agli effetti dell’instabilità politica e della violenza, un territorio dove le divisioni settarie e tribali sono spesso più forti degli stati che le contengono. La geografia del mondo arabo è infatti insidiata da minacce talmente serie da spingere attori storicamente rivali come ad esempio Arabia Saudita e Iran a ritornare a parlarsi per fronteggiare il nemico comune dell’Isis, ha sottolineato l’Al-Rai, un quotidiano del Kuwait.
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Il Medio Oriente diviso in due
Il Jerusalem Post divide in due la regione, tracciando una linea tra quei paesi arabi. Da una parte quelli che possono dire di poter esercitare il controllo sul proprio territorio: nell’elenco ci finiscono la Turchia, l’Iran, l’Arabia Saudita, il Qatar e la Giordania, nazioni all’interno delle quali tuttavia non mancano tensioni che spesso sfociano in violenza. Dall’altra parte, quegli stati dove invece sono all’ordine del giorno scontri tra fazioni, terrorismo o guerre civili: Egitto, Iraq, Libano, Libia, Siria, Yemen.
Il Medio Oriente, le sfide interne e l’Occidente
In questo, l’Occidente ha un suo ruolo e le sue responsabilità ma non può risolvere tutti i problemi. Il professor Efraim Karsh, studioso del Medio Oriente al King’s College di Londra, ha detto al Jerusalem Post che “l’impulso principale per gli sviluppi della regione proviene dall’interno, non dall’esterno. La sopravvivenza o la disgregazione di alcuni stati arabi dipenderà da come questi affronteranno le sfide che covano dentro i loro confini, non dall’intervento dei paesi occidentali”. Un intervento che, tra l’altro, non sempre si traduce in un successo anche a causa dei limiti dell’Occidente. L’Iraq e la disgregazione politica successiva all’invasione americana del 2003 ne sono un esempio, ha commentato Efraim Karsh.
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