Non è bastato un apposito decreto approvato lo scorso aprile dopo un tira e molla durato mesi. Secondo la Ragioneria generale dello Stato, la città di Roma continua a spendere troppo denaro rispetto a quanto potrebbe permettersi. Come rivela un articolo a firma di Federico Fubini su Repubblica, da una relazione stilata dagli ispettori della Ragioneria emergono nel dettaglio i numeri da capogiro che hanno caratterizzato la politica finanziaria della capitale negli ultimi anni. Dati piuttosto consistenti, soprattutto se teniamo conto che per tappare i buchi dei bilanci capitolini sono stati utilizzati soldi dei contribuenti di tutta Italia.
Dal 2009 al 2012, infatti, salvare Roma è costato 580 milioni di euro per ogni anno, senza contare gli ulteriori 885 milioni che si sono resi necessari per far nascere l’ente territoriale-amministrativo denominato “Roma capitale”; è andata meglio nel 2013, quando i contribuenti italiani hanno dovuto versare all’Urbe “solo” 485 milioni di euro per evitare il default.
Uno dei punti dolenti di questa drammatica situazione è rappresentato dalle società partecipate facenti capo al comune. Fra queste, vi è l’Atac, l’azienda che gestisce il trasporto pubblico. Già oggetto di polemica a causa delle spese pazze e della “parentopoli” durante la giunta Alemanno, negli ultimi dieci anni l’Atac ha riportato un bilancio positivo soltanto nel 2005, totalizzando un disavanzo medio di circa 130 milioni l’anno. Sempre durante l’era Alemanno, l’azienda dei trasporti locali ha visto quasi triplicare il numero dei suoi dirigenti (da 37 a 97), con conseguente sovraccarico per le casse comunali.
A proposito di trasporto pubblico, qualche campanello d’allarme arriva anche per la Metro C. La ipertecnologica terza linea metropolitana della città, appena inaugurata, ha finora tradito le aspettative, secondo le quali si prevedeva un flusso giornaliero di passeggeri decisamente più elevato rispetto a quello registrato finora. Se infatti la linea continuerà a rimanere priva di un collegamento diretto con le altre metro, la sua utilità continuerà a rivelarsi necessariamente limitata.
Non mancano i grattacapi, dunque, per il sindaco Ignazio Marino sul quale tuttavia ricadono solo in parte le responsabilità del deficit di bilancio. Le critiche della Ragioneria dello Stato, infatti, si rivolgono a un lasso di tempo che si estende grosso modo per l’ultimo decennio, investendo dunque almeno quattro giunte (Veltroni I e II e Alemanno, oltre a quella attuale guidata dal chirurgo genovese). Il giudizio degli ispettori preposti, in tutti i casi, è stato lapidario. “Per il proprio risanamento – è scritto nella relazione – Roma Capitale ha fatto totale affidamento sull’intervento statale, senza realizzare in proprio alcuno sforzo per riportare in equilibrio i conti, nemmeno quando si trattava di far cessare comportamenti palesemente illegittimi”.
Ora, dunque, a prescindere dalle responsabilità individuali delle passate gestioni, per Marino e per il suo assessore al bilancio Silvia Scozzese, l’imperativo è rimboccarsi le maniche al più presto, poiché – malgrado l’importanza cruciale della città di Roma – nei palazzi del potere in molti ormai non sono più disposti a riservarle continui trattamenti di favore. E il default è sempre dietro l’angolo.