Corte dei Conti: “8 per mille va rinegoziato, sistema non trasparente”
L’8 per mille, si sa, è la quota di imposta ricavata dall’Irpef che lo Stato distribuisce tra sé stesso e le diverse confessioni religiose in base alla scelta fatta dai contribuenti. Le cifre dei fondi raccolti tramite tale sistema hanno superato il miliardo di euro. Nel 1990 non andavano oltre i 209 milioni. Ma la questione è che, secondo la Corte dei Conti, tale sistema non rispetta i “principi di proporzionalità, volontarietà e uguaglianza”. La maggior parte delle donazioni effettuate dagli italiani sono sotto la voce “inoptato” per quanto riguarda il beneficiario scelto.
Le motivazioni della Corte dei Conti
La Corte dei Conti, nella nota, spiega: “I beneficiari ricevono più dalla quota non espressa che da quella optata”. E aggiunge. “Su ciò non vi è un’adeguata informazione, benché coloro che non scelgono siano la maggioranza e si possa ragionevolmente essere indotti a ritenere che solo con un’opzione esplicita i fondi vengano assegnati”.
L’8 per mille non conosce crisi
Un contributo, quello dell’8 per mille, che sembra andare nettamente controtendenza, come detto. Mentre il Governo prova a ridurre la spesa pubblica in ogni settore, i contributi alle confessioni religiose continuano a lievitare. Una lievitazione tale da renderli i più alti di tutta Europa.
8 per mille, la maggior parte dei fondi va alla Chiesa Cattolica
Ma nonostante tutta questa disponibilità di denaro, a molte confessioni religiose è preclusa la possibilità di accedere ai fondi dell’8 per mille. Complice l’assenza di intese figlia di un pluralismo religioso che definire imperfetto sembra addirittura eufemistico. E così alla Chiesa Cattolica, pur ricevendo il 37,93% delle preferenze, sono stati destinati nel 2011 l’82,28% dei fondi raccolti. Una cifra che va ben oltre il miliardo. Allo Stato, preferito dal 6,14% dei contribuenti, è andato il 13,3% della somma totale (poco più di 170 milioni di euro). Ed è facile intuire che alle altre confessioni religiose non restano che le briciole. Una ripartizione causata dalla modalità di assegnazione dei fondi per i quali i contribuenti non hanno specificato il destinatario. Tale modalità viene così spiegata dalla Presidenza del Consiglio: “La percentuale di preferenza delle scelte espresse determina l’assegnazione dei fondi derivanti dalle scelte non espresse”. In parole povere: per chi non ha scelto, vale l’opinione di chi ha invece espresso la sua preferenza.
“Poca trasparenza nel sistema dell’8 per mille”
È un sistema, quello dell’8 per mille, che manca di trasparenza, secondo la Corte dei Conti. Non vengono rese note, tramite il sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri, le attribuzioni alle diverse confessioni e nemmeno la destinazione che le stesse danno ai fondi ricevuti. Ma mancano anche opportune verifiche sull’utilizzo che viene fatto dei fondi nonostante le perplessità già sollevate dalla Commissione paritetica Italia-Cei sulla scarsità delle risorse destinate agli interventi caritativi. Secondo la Commissione mancherebbero anche controlli “sulla correttezza delle imputazioni degli optanti” e “sull’agire degli intermediari”.
Le responsabilità dello Stato
L’agire dello Stato non è certo irreprensibile. Secondo quanto sostiene la Corte dei Conti “lo Stato mostra disinteresse per la quota di propria competenza, cosa che ha determinato la drastica riduzione dei contribuenti a suo favore, dando l’impressione che l’istituto (dell’8 per mille, ndr) sia finalizzato solo a fare da apparente contrappeso al sistema di finanziamento diretto delle confessioni”. Colpevole lo Stato anche di non promuovere le proprie iniziative come invece fanno gli altri concorrenti ai fondi. Un sintomo di scarso interesse verso fondi non trascurabili di cui poi vanno a godere enti privati e religiosi. Insomma, molte cose sembra vadano opportunamente rivedute nel sistema dell’8 per mille. A maggior ragione ora che a puntare il dito è la Corte dei Conti.