Prende ufficialmente il via anche la campagna elettorale regionale del Partito Democratico in Toscana, “patria” del premier Renzi. Con una certezza: l’attuale Presidente del Consiglio, in tempi non sospetti (circa tre mesi fa), ha dichiarato pubblicamente l’appoggio (suo e del partito) al governatore uscente, Enrico Rossi.
Un’investitura per niente scontata visti i dissidi – non da poco – tra i due ai tempi in cui Renzi è stato sindaco di Firenze. Il percorso però subisce un rallentamento. Non proveniente dalla “destra Pd”, stranamente allineata sul nome di Rossi, ma dall’ala civatiana che prima avanza le richieste di primarie poi, negli scorsi giorni, presenta il suo nome: Luciano Modica, professore di matematica, ex rettore dell’Università di Pisa e sottosegretario nel secondo governo Prodi. In un’intervista a “Il Tirreno” lo stesso Modica però sottolinea come offra la sua disponibilità “ma se c’è una parte più larga del partito interessata ad aprire la partita delle primarie”. Insomma, sì alla candidatura ma non voglio essere l’agnello sacrificale della corrente civatiana.Le primarie però hanno bisogno di alcune “soglie minime” per avere luogo: Modica – ed i civatiani – hanno una quindicina di giorni per recuperare 150 firme tra i 500 componenti dell’assemblea toscana del Pd o raccogliere il consenso del 15% di tutto il corpo degli iscritti, pari a 9 mila persone. Un dato che sarebbe stato irrisorio solo qualche anno fa, ma – come è stato dimostrato dal calo d’interesse per le primarie nella vicina Emilia Romagna ed in Veneto (anche se controbilanciato dalla Puglia) – che in questo mese di dicembre potrebbe diventare difficile da raggiungere.
La campagna elettorale però, come detto all’inizio, è ampiamente partita, soprattutto sui social. Lo stesso Rossi si è reso protagonista di una “fuga in avanti” non da poco: nel pomeriggio di ieri, domenica 30 novembre, una sua foto con i vicini rom ha provocato le più disparate reazioni sui social network. Non occorrerebbe nemmeno dirlo ma, ovviamente, la gran parte delle risposte alla foto erano contrassegnate da un profondo sentimento razzista. Casualmente, quasi fosse preventivo il sentiment delle risposte, a stretto giro di posta lo stesso Rossi ha risposto pubblicizzando il No Hate Speech Movement, sottolineando come “‘l’uso dei social media non può essere limitato in alcun modo ma quando il discorso pubblico diventa sfogo violento e irrazionale occorre alzare il livello della discussione”.
Al di là del messaggio “sociale” della foto, è importante il significato (sotteso) politico: impostare una campagna elettorale locale puntando sui valori. Con quella foto Rossi (e chi/coloro che gli gestiscono i social) non ha commesso propriamente un errore, ma certamente ha preso un grosso rischio dal punto di vista comunicativo e politico, dato che – solitamente – i valori sono tenuti al di fuori delle campagne elettorali locali. Un rischio che può essere determinato da due fattori: dall’assoluta certezza della vittoria o dal tentativo di imporsi in un’agenda setting toscana da tempo saldamente nelle mani della corrente renziana dei democrat.