“Mafia Capitale”, l’intreccio tra criminalità e Partito Democratico
Mafia Capitale: un’inchiesta bomba scoppiata nella giornata di ieri che ha fatto tremare partiti di destra e di sinistra, in particolare la destra estrema ed il Partito Democratico romano. “Mondo di Mezzo” è il nome dato dagli investigatori alla maxi inchiesta condotta dalla Procura di Roma e guidata da Giuseppe Pignatone. E nel “Mondo di Mezzo” è finito anche il Partito di Matteo Renzi. Già si contano in fila i politici dimessi, nell’arco di poche ore, dai loro rispettivi ruoli: l’Assessore Daniele Ozzimo, il consigliere alla Regione Lazio Eugenio Patanè ed il Presidente dell’Assemblea Capitolina, Mirko Coratti. Diversi deputati hanno chiesto di azzerare tutto, dalle tessere agli organismi assembleari mentre tra gli attivisti del PD, tra accuse e sdegno, è caos totale.
Per Roberto Morassut, ex assessore di Roma nella giunta di Walter Veltroni bisogna azzerare tutto. «Azzeriamo il tesseramento e gli organismi assembleari, che sono stati eletti a Roma, nelle province e a livello regionale, con il Porcellum interno e con spartizioni ‘a corpo’ grazie a un patto di sindacato tra le tribù interne» ha detto Morassut «introduciamo, per legge a livello nazionale, un criterio di selezione per concorso per le nomine nelle aziende pubbliche e partecipate e nelle Asl».
«In questi anni» – ha continuato l’ex assessore – «tante volte ho cercato di scuotere il mio partito. L’ho fatto scrivendo, segnalando il decadimento della vita interna, l’assenza di politica, la progressiva e sempre più marcata predominanza dell’elemento del puro ‘potere’ negli equilibri interni, l’uso degli strumenti essenziali della partecipazione democratica – come il tesseramento e le primarie – per consolidare assetti tribali di cordate senza politica, falsando numeri e mercanteggiando le iscrizioni. L’ho chiamato ciarpame, attirandomi indignate e burocratiche reazioni ».
A prendere le distanze dallo scandalo mafia capitale ed il coinvolgimento del PD è il sindaco di Roma, nonché esponente democratico, Ignazio Marino: «L’ho detto e lo ripeto. Abbiamo sbarrato la porta agli interessi, agli inciuci, ai rapporti poco chiari. Il nostro obiettivo resta uno e uno soltanto: cambiare questa città solo per i romani e le romane. Il patto di ferro tra mafia e politica era un sistema politico della capitale. Qui c’è un modo di agire e di operare diverso della criminalità organizzata. Non deve ricorrere alla violenza per gestire gli appalti, perché ha trovato dei tavoli di incontro con la cattiva politica e la cattiva amministrazione. E a quei tavoli si stringono accordi che permettono di fare affari. Più volte mi sono chiesto da dove nascessero gli attacchi violenti contro di me, con una destra che urlava dimissioni per una Panda rossa….ecco spiegato il motivo: sono un sindaco marziano che non si siede a quei tavoli, anzi nemmeno li conosce. L’unica possibilità per continuare con quel metodo era togliermi di mezzo».
A mostrare sdegno per ciò che sta accadendo è anche un uomo simbolo della sinistra romana, Goffredo Bettini: «Quello che sta emergendo a Roma è doloroso e sconvolgente. Doloroso soprattutto per un partito come il PD, che si fonda su una classe dirigente che ha garantito dopo il ’92 e dopo tangentopoli lunghissimi anni di buon governo e di onestà, con Rutelli e Veltroni e che ha determinato poi con Marino una netta discontinuità rispetto al governo di Alemanno. Anche il PD deve cambiare radicalmente altrimenti per tutti si determinerebbe una vera e propria impraticabilità di campo. Questa operazione va fatta nel modo più netto e coraggioso e nella solidarietà di un gruppo dirigente che deve ritrovare il senso di un’impresa comune».
Molto significativa, in merito alla vicinanza tra ambienti criminali romani ed alcuni esponenti del Partito Democratico, è la foto che in queste ore sta facendo il giro del web, telegiornali e giornali e cioè quella di una cena alla cui tavola siede un membro del clan dei Casamonica con volti noti della politica di destra e di sinistra.
Erika Carpinella