Maradona, la lunga battaglia contro il fisco e’ quasi finita
1991 – L’Agenzia delle entrate notifica alla Società Sportiva Calcio Napoli un accertamento per verificare se, in quanto datore di lavoro dei dipendenti Maradona, Alemao e Careca, fossero state versate le imposte su eventuali maggiori redditi derivanti dallo sfruttamento dell’immagine dei tre calciatori da parte degli sponsor stranieri dal 1985 al 1990.
1992 – Il Calcio Napoli presenta opposizione, documentando che tutto il dovuto per i tre calciatori-lavoratori dipendenti è stato effettivamente già versato. Intanto la Procura della Repubblica di Napoli dispone l’archiviazione dell’indagine sulle presunte irregolarità contributive dellaSocietà Calcio Napoli e dei tre giocatori. Il Gip, archivia l’indagine a carico di Maradona, Careca ed Alemao, riconoscendo che non vi furono comportamenti illeciti, interposizioni fittizie o comunque redditi non dichiarati al fisco dal Calcio Napoli per i suoi calciatori stranieri nel periodo 1985-1990.
1994 – La Commissione Tributaria Regionale accerta le ragioni del Calcio Napoli. Tutto il dovuto per i tre giocatori stranieri era stato versato e non ci furono interposizioni fittizie per nascondere altri redditi, risultati inesistenti, anche rispetto ai diritti per lo sfruttamento di immagine da parte degli sponsor stranieri. Nella sentenza i tre calciatori sono giustamente considerati dipendenti della società.L’Agenzia delle Entrate si oppone ed intraprende una causa che andrà avanti fino al 2013. Nonostante la sentenza penale del ’92 e quella tributaria del ’94, gli esattori impugnano quest’ultimo provvedimento e continuano ad avanzare pretese nei confronti dal campione, ma gli avvisi vengono spediti non in Argentina, dove effettivamente Diego risiede, bensì al Campo Paradiso di Soccavo, così impedendogli di averne notizia e di presentare opposizione agli atti originari.
2003 – Il Calcio Napoli presenta il condono tombale su qualsiasi eventuale pretesa fiscale.
2005 – La Cassazione emette una sentenza in cui non accerta se siano o meno dovute le imposte richieste aMaradona, ma si pronuncia solo sulla validità di alcune notifiche di mora recapitate al Campo Paradiso di Soccavo quanto il campione ormai vive in Argentina.
2005 – Il fisco aggredisce con blitz e pignoramenti Diego Armando Maradona al suo arrivo in Italia.
2013 – La causa promossa nel ’94 dall’Agenzia delle Entrate si conclude con la vittoria del Calcio Napoli: nulla era dovuto al fisco, né dalla Società, né dai suoi giocatori stranieri. Compreso Diego Armando Maradona. La Corte Tributaria riconosce la validità della sentenza emessa: non ci furono violazioni fiscali e, se mai vi fossero state, sono state condonate.
2014 – Ricomincia la battaglia per affermare la verità dinanzi alla commissione tributaria e in tribunale. Pisani, l’avvocato di Maradona è vicinissimo alla definitiva vittoria processuale
Secondo l’avvocato del Pibe de Oro,Angelo Pisani, la questione giudiziaria dell’ex calciatore del Napoli e il fisco italiano, nasce da un’ipotesi sbagliata degli esattori risalente agli anni 80. Il fisco avrebbe erroneamente ipotizzato che le somme guadagnate dagli sponsor stranieri sullo sfruttamento dell’immagine dei calciatori della Società Sportiva Calcio Napoli, guidata all’epoca da Corrado Ferlaino, erano in realtà destinate ad aumentare i loro guadagni. Sulla base di questa ipotesi, nel 1991 l’Agenzia delle Entrateemette un atto di accertamento fiscale e lo notifica dapprima alla sola Società Calcio Napoli, poi a Careca e Alemao,ma mai a Maradona. Il Napoli e i giocatori impugnano gli atti e, dopo anni di giudizio, gli accertamenti vengono dichiarati nulli ed infondati ed le ipotesi del fisco indimostrate. I giudici tributari e i magistrati penali dimostrano che non è mai esistita alcuna ipotesi di evasione né altra violazione fiscale imputabile alla Società Sportiva Calcio Napoli o ai calciatori, in quanto le somme guadagnate dalle società di sponsorizzazione erano state da queste legittimamente percepite sulla base di un contratto di sfruttamento dell’immagine dei campioni, e risultavano pertanto sottoposte a tassazione nel paese in cui tali società avevano la loro sede, senza che ciò costituisse maggiori guadagni imputabili ai calciatori, come erroneamente aveva ipotizzato l’Agenzia delle Entrate.
Diego Armando Maradona non ha mai avuto una residenza in Italia, tanto che all’epoca i contabili del Calcio Napoli, per preparare la sua busta paga, registrarono un indirizzo e solo un domicilio presso il Campo Paradiso a Soccavo, dove ovviamente, non avendo mai abitato, non ha mai ricevuto alcuna notifica degli errati e nulli atti originari. Solo nel 2001, per effetto della notifica di un avviso di mora, Maradona viene a conoscenza della questione. Non avendo mai ricevuto nulla in precedenza, propone opposizione dinanzi alla commissione tributaria.L’opposizione si conclude con un provvedimento di inammissibilità.
Come può il campione aver evaso le tasse, se è dimostrato che in quegli anni non ha percepito nulla più di quanto dichiarato dal suo datore di lavoro? Il fisco pur ammettendo che la violazione non esiste, come accertato da ben due sentenze di merito e dai diversi provvedimenti emessi dai giudici penali, per non fare marcia indietro, secondo l’avvocato Pisani, pretende da Maradona oltre 40 milioni di euro. Il certificato di residenza storico conferma con prova certa che Diego Armando Maradonanon ha mai avuto alcuna residenza in Italia, bensì solo un mero domicilio su un campo di calcio da allenamento, senza dimenticare l’intervenuto condono da parte del Calcio Napoli,che nulla doveva al fisco, come affermato dai giudici, e che invece ha “sanato” anche per il suo ex dipendente Maradona.
In collaborazione con Calcio & Finanza