Probabile nuovo stop nella battaglia contro i costi della politica: il taglio alle pensioni d’oro dei dipendenti della Camera rischia infatti di saltare. Dopo gli oltre 300 ricorsi dei lavoratori, i giudici interni hanno richiesto il parere della Consulta per verificarne la legittimità. Il provvedimento ha l’obiettivo di ridimensionare le pensioni superiori a 14 volte il trattamento minimo dell’Inps.
Secondo la commissione giudicante si tratta di un atto dovuto, perché il provvedimento somiglia molto a una norma bocciata dalla Corte Costituzionale oltre un anno fa. Il nodo centrale riguarda una delibera approvata dall’ufficio di Presidenza dei deputati il 4 giugno scorso, che prende il contributo di solidarietà introdotto nella manovra economica del dicembre 2013 dal governo Letta, Il provvedimento presenta “elementi di identità” con il “contributo di perequazione” voluto nel 2011 dal governo Berlusconi, bocciato dalla Corte Costituzionale nel maggio 2013.
I giudici interni, ovvero i democratici Francesco Bonifazi (il presidente), Ernesto Carbone e Fulvio Bonavitacola hanno deciso di rivolgersi alla Corte, perché se è vero che la pronuncia, “non potrebbe essere sindacata dalla Consulta”, è altrettanto vero che, per altri versi, “non potrebbe essere sindacata neanche dalla commissione giurisdizionale”. Al fine di superare lo scoglio della competenza giurisdizionale, i tre deputati decidono di rivolgersi comunque ai giudici costituzionali.
Se da una parte si rischia un insuccesso, da altre parti sembra essere vicini al successo. In un’altra sentenza i giudici interni hanno bocciato ricorso contro i tagli alle indennità dei dipendenti di Montecitorio, confermando la riduzione del 10% della voce di stipendio. E’arrivato inoltre il via libera anche a un secondo intervento, dell’agosto del 2013, che accentua il primo taglio.
La strada presa dai giudici è chiara: a differenza della parte fissa dello stipendio, le indennità possono essere oggetto di tagli.
Ilaria Porrone