Venti di scissione PD, ennesimo atto: “Se Renzi continua così, si costituirà un partito a sinistra del Pd. Non è colpa o responsabilità nostra”. Parole di Pippo Civati, che sferra un nuovo durissimo attacco al premier Matteo Renzi e alimenta ulteriormente la fibrillazione all’interno del Partito Democratico. L’esponente della minoranza dem parla da Bologna, dove ha convocato la convention per discutere il cosiddetto Patto del non Nazareno, iniziativa organizzata dall’associazione E’ Possibile. E parlando dalle scuderie, noto locale studentesco del capoluogo emiliano, Civati avverte il premier, senza giri di parole: “Se Renzi si presenta con il Jobs Act e con le cose che sta dicendo alle elezioni a marzo, noi non saremo candidati con Renzi”.
Scissione PD, Civati lancia l’avvertimento
L’esponente della minoranza dem da un lato cerca di stemperare i toni – “Per me il percorso non finisce qui e non è necessario scindersi” – ma dall’altro rilancia: “se però non c’è la possibilità da parte di Renzi a confrontarsi con questa parte di paese, ognuno ne trarrà le conseguenze”. E poi lancia una stoccata, a proposito delle elezioni: “Io sarei già andato a votare nella primavera 2013, poi abbiamo fatto le larghe intese… A me sembra che debbano essere i cittadini a scegliere chi li governa”.
Il punto fondamentale resta sempre il nodo delle riforme, da quella della Costituzione alla legge elettorale: “Noi segnaliamo questioni fondamentali come una riforma della Costituzione fatta meglio, una legge elettorale in cui i cittadini scelgano gli eletti e non siano i politici a scegliersi tra loro”. Senza dimenticare il Jobs Act, con la necessità di una riforma del lavoro “che non sia di destra come quella che abbiamo visto finora”.
Riguardo alla legge elettorale, Civati non snobba l’ipotetica virata del premier verso la legge elettorale in vigore sino al 2001: “Se adesso Renzi si è innamorato del Mattarellum meglio, io lo sostengo da sempre”.
Quirinale, Civati rilancia il nome di Romano Prodi
Vista la location dell’incontro, Civati non perde l’occasione di parlare della partita riguardante il Quirinale e la successione a Giorgio Napolitano, rilanciando il nome di Romano Prodi: “C’è un candidato di Bologna che va sempre bene”. E aggiunge: “Io dico sempre: o Prodi o un Prodi-equivalente, una figura che a livello internazionale possiamo spendere e che
abbia anche un rapporto con la politica”. L’importante è evitare figure non politiche, perché “questo sarebbe un messaggio molto sbagliato”.
Scissione PD, fibrillazioni anche in Commissione
Le tensioni tra i renziani e la minoranza PD continuano anche in Commissione Affari Costituzionali alla Camera. Otto esponenti della minoranza dem – Cuperlo, Bindi, Lattuca, Pollastrini, Agostini, Lauricella, D’Attorre e Giorgis – hanno chiesto di essere sostituiti, in quanto in dissenso con il testo sul Senato. La richiesta di rimozione era dettata dalla volontà di non essere costretti a votare contro, mandando sotto il governo.
Puntuale la replica di Palazzo Chigi, che ufficiosamente ha dichiarato di avere comunque i numeri, al netto del dissenso. Al resto ci ha pensato una riunione dem, che ha portato gli otto dissidenti a non partecipare alla ripresa dei lavori della commissione, senza che questo facesse venire meno la maggioranza durante le votazioni sull’articolo 3 del ddl riforme. Poi il rientro in commissione e la riformulazione della richiesta, cercando di aprire una trattativa su diversi temi.
Commissione Affari Costituzionali, le opinioni dei dissidenti
I dissidenti spiegano quali sono i punti da rivedere. Alfredo D’Attorre rilancia l’importanza “di una norma assolutamente necessaria come quella sul sindacato di costituzionalità”, mentre Barbara Pollastrini ritiene fondamentale “modificare il quorum per elezione del capo dello Stato e la certezza che la legge elettorale venga sottoposta preventivamente al vaglio della Corte costituzionale”, altrimenti “si apre per me un problema politico e di coscienza”.
Più duro Giuseppe Lauricella – già primo firmatario dell’emendamento che ha stoppato l’elezione dei senatori a vita – che ha deciso di non partecipare più ai lavori. Questo in protesta contro l’ipotesi di presentare in Aula un emendamento per ripristinare la nomina dei senatori a vita. “Se si intende sovvertire con arroganza ciò che non piace, allora in aula c’è il liberi tutti”
Intesa sul quorum delle leggi
Intanto in Commissione è arrivato l’accordo sulla modifica all’iter delle leggi e del quorum con cui il Senato può chiedere modifiche alle leggi della Camera. Secondo il progetto ci saranno diversi quorum, a seconda del tipo di legge di cui è richiesta la modifica.
Per la legge di Bilancio e quella di Stabilità, per esempio, serviranno i 2/3 dei voti del Senato, mentre la Camera potrà opporsi a maggioranza assoluta. Per altre leggi particolari – tra cui per esempio Roma capitale, atti normativi dell’UE e la finanza locale – servirà la maggioranza assoluta sia al Senato in fase di formulazione della richiesta sia alla Camera per opporsi ad essa.e la Camera potrà non recepire tale richiesta solo a maggioranza assoluta.