Risale a una settimana fa la decisione di Obama di sanzionare il Venezuela. I provvedimenti della Casa Bianca dovrebbero colpire i funzionari del governo di Caracas coinvolti nella dura repressione delle proteste che hanno attraversato il paese sudamericano nello scorso Febbraio. Negli scontri hanno perso la vita 43 persone, tra di essi anche sostenitori del governo chavista ma, secondo Humans Rights Watch, è stato soprattutto il fronte anti-Maduro a pagare “le pratiche sistematiche delle forze dell’ordine venezuelane”.
Dopo l’approvazione del Congresso Usa e quella del Senato, Obama ha confermato l’appoggio della Casa Bianca al disegno di legge che negherà i visti di ingresso e congelerà i beni di tutti coloro che “si sono macchiati di gravi violazioni dei diritti umani e hanno compiuto atti di violenza contro persone associate alle proteste anti-governative”.
La reazione di Maduro
Ieri in una manifestazione partecipata e in un’atmosfera che ricordava i comizi di Hugo Chavez, predecessore e mentore di Maduro, il Presidente venezuelano ha tuonato: “possono mettersi i loro visti dove sanno, questi Yankee insolenti”. Nicolas Maduro sta vedendo la sua popolarità scemare a causa della crisi economica (inflazione più alta del Sudamerica, carenza diffusa dei prodotti base che alimenta il mercato nero, drastico abbassamento del prezzo del petrolio, la maggiore risorsa venezuelana). Tuttavia, il piano approvato dall’amministrazione Usa ha dato nuova linfa al nazionalismo che gli ha sempre permesso di superare i momenti difficili.
Pochi minuti prima dell’intervento di Maduro ha parlato l’attuale Vice presidente Josè Vicente Rangel. Quest’ultimo ha dichiarato che essere sulla blacklist americana è un onore. L’ex ministro degli Esteri si è anche detto “arrabbiato” per il fatto di non esservi incluso.
Maduro ha ricordato che Caracas è all’opera per promuovere un’azione legale globale contro l’ex Presidente Usa George W. Bush, il suo vice Dick Cheney, e il suo Segretario alla Difesa Donald Rumsfeld. L’iniziativa del presidente bolivariano, di Rangel e del Presidente dell’Assemblea Nazionale Diosdado Cabello, ex numero 2 di Chavez, è volta a farli giudicare dalla Corte penale Internazionale come responsabili dell’attacco preventivo all’Iraq di Saddam Hussein.
Il rapporto con gli Usa
Venezuela e Usa hanno una recente storia di acerrimo antagonismo. Gli Usa hanno già attivato delle sanzioni commerciali, anche se limitate, contro Caracas. Da parte sua, il Venezuela ha più volte espulso personale diplomatico statunitense accusato di spionaggio o sabotaggio delle iniziative governative. In pratica, le due nazioni non hanno dei completi rapporti diplomatici sin dal 2010.
Micheal Shifter, presidente di Inter-American Dialogue, ha commentato la decisione statunitense dicendo che “non avrà ripercussioni sul commercio bilaterale”. D’altra parte “sarebbe troppo dispendioso per i Repubblicani (tengono le redini sia del Congresso sia del Senato, ndr) architettare la destabilizzazione del Venezuela – ha continuato Shifter – il Venezuela nella politica estera americana attuale è una preoccupazione minore”. Altri analisti si sono mostrati meno cauti sulla questione. Per esempio Mark Weisbrot, direttore del Centro per la Ricerca Economica e Politica con base a Washington, è sicuro che le sanzioni “non c’entrano niente con i diritti umani”. Esse non fanno altro che peggiorare i rapporti con l’America Latina, tra l’altro, “mai stati così scarsi come durante l’amministrazione Obama”.