Processo No Tav, quattro condannati ma non fu terrorismo
Processo No Tav: condannati i quattro imputati, ma caduta accusa di terrorismo. I pm Antonio Rinaudo e Andrea Padalino avevano chiesto per i quattro anarchici No Tav, Claudio Alberto, Niccolò Blasi, Mattia Zanotti e Chiara Zenobi, una condanna a nove anni e sei mesi.
Caduta l’accusa di terrorismo, una sconfitta per i pm
Assolti dall’accusa di terrorismo, i quattro anarchici No Tav sono stati condannati a 3 anni e mezzo di carcere per danneggiamento, trasporto di armi e resistenza a pubblico ufficiale. Una condanna, quella stabilita stamattina dalla Corte d’Assise di Torino presieduta da Pietro Capello, che per i pm ha il sapore della sconfitta.
L’arresto dei quattro anarchici era avvenuto il 9 dicembre 2013 con l’accusa, come detto, di attentato con finalità terroristiche. I pm imputavano loro anche l’aggravante dell’articolo “270 sexies” del codice penale. Aggravante caduta insieme all’accusa di attentato con finalità terroristiche.
L’assalto al cantiere della Torino-Lione
I fatti risalgono al 13 e 14 maggio 2013, quando i quattro si sono recati, insieme ad una trentina di persone, al cantiere della Torino-Lione a Chiomonte. Qui, evitata l’uscita delle forze dell’ordine grazie alla chiusura del cancello, hanno iniziato il lancio di pietre, bengala, molotov e bombe carta contro il cantiere. Innumerevoli i danni arrecati al materiale presente: danneggiato anche un compressore. Ma è stata anche messa a dura prova l’incolumità dei 14 operai presenti e degli 80 agenti di polizia e dell’esercito. Un gesto in merito al quale uno dei quattro, Zanotti, ha affermato: “Non posso dire come possa essere trascritto quel gesto nella grammatica del codice penale. Posso solo dire che quella notte c’ero anch’io”.
I Pm: “Atto di guerra contro lo Stato”
Un’accusa, quella di terrorismo, sempre respinta, oltre che dai quattro imputati, anche dal comitato No Tav che preferisce la dicitura “compressoricidio” riguardo l’accaduto del 13 e 14 maggio 2013. E dubbi su tale accusa erano stati sollevati anche dalla Cassazione che aveva precisato avrebbe dovuto esserci “grave danno per un Paese o un’organizzazione internazionale” oltre che una “apprezzabile possibilità di rinuncia da parte dello Stato alla prosecuzione”. I pm sono invece sempre rimasti fermi sull’idea che si sia trattato di un “atto di guerra contro lo Stato” e spiegano: “Quella non fu una manifestazione di dissenso e nemmeno un’iniziativa estemporanea di pochi ribelli. Si trattò di violenza armata e organizzata in modo paramilitare il cui obiettivo era costringere lo Stato ad abbandonare una scelta politica ed economica”.
La soddisfazione dell’avvocato difensore
Claudio Novaro, uno degli avvocati difensori ha detto: “Una sentenza equilibrata, ottima per noi. È accaduto quello che avevamo sempre pensato fin dall’inizio che l’accusa fosse sproporzionata rispetto ai fatti contestati”. E ha aggiunto: “Valuteremo ora se partire con un’istanza di sostituzione della misura cautelare”. Nel processo si erano costituiti parte civile anche la presidenza del Consiglio dei Ministri ed un sindacato di polizia. I giudici inoltre hanno stabilito il diritto ad essere risarcita alla Ltf, società responsabile del lavori preliminari della linea ferroviaria Torino-Lione.
Comitato No Tav: “Uno schiaffo alla Procura di Torino”
La reazione alla sentenza da parte del comitato No Tav è arrivata tramite le parole di Nicoletta Bosio, uno dei leader: “Questa sentenza è uno schiaffo alla Procura di Torino e a questi pm, che usano la giustizia come grimaldello per difendere i poteri forti”.
Subito ripresa l’attività No Tav
In seguito, l’azione No Tav è subito ripartita: una ventina di persone incappucciate hanno bloccato l’autostrada Torino-Frejus ricorrendo anche all’uso di fumogeni. Altri attivisti hanno occupato il treno regionale Milano-Torino, sul quale viaggiavano sprovvisti di biglietto, e hanno costretto i passeggeri a scendere alla stazione di Novara. Immediato l’intervento della Polizia Ferroviaria che segnalerà l’accaduto alla Procura di Novara.