Da tempo girano sui social network post più o meno indignati, con invettive contro un provvedimento che mira a ridurre la pressione sulle carceri e a mitigare il loro sovraffollamento.
In modo in parte improprio, come vedremo, si parla di depenalizzazione di alcuni reati, tanto che subito si sono scatenate le paure di chi teme delinquenti maggiormente liberi di agire e danneggiare il cittadino, con articoli di siti normalmente piuttosto populisti in cui si elencano i reati, spesso gravi, che non sarebbero più tali e che sarebbero quindi facili da commettere. Qui un articolo di Informarexresistere.fr
Il riferimento più costante è al pericolo che ne deriverebbe per il cittadino con delinquenti “lasciati liberi” e non perseguiti, quindi la tattica dell’utilizzo della paura e della percezione di insicurezza, del resto ampiamente utilizzata in Italia in politica e sui media.
Una costante è l’uso di una presunta precisione o di numeri precisi, in questo caso 112 reati, per colpire maggiormente l’attenzione ed essere più credibili.
Con riferimento forse ai fatti americani altri poi temono che siano i pubblici ufficiali ad approfittare dell'”impunità”:
La realtà è che il cuore del provvedimento, ovvero la Legge delega 67/2014, che entrerà in vigore il 17 maggio 2015, riguarda la pena da comminare ai quei reati più lievi per cui la pena è inferiore a 3 anni e non la depenalizzazione completa di reati per cui oggi si va in carcere, e prevede infatti che:
– Quando il reato prevede l’arresto o la reclusione di massimo 3 anni, la pena sarà la reclusione domiciliare o l’arresto domiciliare
– Quando il reato prevede la reclusione da 3 ad un massimo 5 anni,il giudice ha il potere di valutare discrezionalmente (tenendo conto della gravità del reato e la capacità a delinquere del colpevole) l’opportunità di sostituire la reclusione carceraria con quella domiciliare
Di fatto si tratta di allargare le pene alternative al carcere per usare la reclusione solo per i reati effettivamente pericolosi per il prossimo. Questo per ovviare non solo all’affollamento delle carceri ma anche all’ingolfamento della giustizia di cui abbiamo già parlato
I reati effettivamente depenalizzati a prescindere dalla durata, sono solo quelli per la quale già ora è prevista la sola pena della multa o dell’ammenda, tra l’altro con rilevanti eccezioni in tema di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, elezioni, sicurezza pubblica, gioco d’azzardo, ambiente e territorio, ecc.
In particolare si tratta dei seguenti casi:
- atti osceni in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico se il fatto avviene con dolo (art. 527, primo comma), sempre che non ricorra la circostanza aggravante prevista dal secondo comma (fatto commesso all’interno o nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori e se da ciò deriva il pericolo che essi vi assistano);
- pubblicazione oscene, previsto dall’articolo 528 limitatamente alle ipotesi presenti al primo e al secondo comma, mentre restano fatto di reati gli spettacoli osceni;
- la contravvenzione che punisce il rifiuto di prestare la propria opera in occasione di un tumulto (articolo 652 cp);
- la contravvenzione che punisce il disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone (articolo 659 cp);
- la contravvenzione che punisce l’abuso della credulità popolare (articolo 661 cp);
- la contravvenzione che punisce le rappresentazioni teatrali o cinematografiche abusive (articolo 668 cp);
- la contravvenzione che punisce chi compie atti contrari alla pubblica decenza in un luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico (articolo 726 cp).
La parte probabilmente più controversa è quella relativa alla concessione della messa in prova di chi ha commesso reati punibili fino a 4 anni di reclusione, ovvero la liberazione e l’affidamento ai servizi sociali con lavoro socialmente utile o di volontariato.
In questo caso si tratta dei seguenti reati:
- violenza o minaccia a un pubblico ufficiale prevista dall’art. 336 c.p.;
- resistenza a un pubblico ufficiale prevista dall’art. 337 c.p.;
- oltraggio a un magistrato in udienza aggravato a norma dell’art. 343, secondo comma, del codice penale;
- violazione di sigilli aggravata a norma dell’art. 349, secondo comma, del codice penale;
- rissa aggravata a norma dell’art. 588, secondo comma, del codice penale, con esclusione delle ipotesi in cui nella rissa taluno sia rimasto ucciso o abbia riportato lesioni gravi o gravissime;
- furto aggravato a norma dell’art. 625 c.p.;
- ricettazione prevista dall’art. 648 c.p..
Si tratta di reati più gravi dei precedenti, ma si deve far notare che si applicano solo in assenza di recidiva e di delinquenza abituale, e sappiamo che la gran parte di piccoli reati è spesso commessa da persone con precedenti.
Inoltre si deve trattare di offese molto tenui.
E’ uno schema già utilizzato nella giustizia minorile e nel processo davanti al giudice di pace.
Un capitolo a parte legato alle depenalizzazioni si è incrociato con una tendenza recente, il ritorno dell’animalismo, spesso anche radicale: si è diffusa la notizia che tra i reati depenalizzati vi fosse quello di maltrattamento degli animali. E’ partita un mail bombing verso il minister della giustizia, nonchè una petizione su Change.org
E’ già singolare che tra i tanti reati impattati (o presunti tali) dal provvedimento sia stato scelto proprio questo e non altri, che includono lesioni a persone, per una petizione specifica, mentre gli altri sono stati lasciati nel mucchio.
In ogni caso gli uffici tecnici del ministero della Giustizia hanno però smentito tutto, rassicurando che già oggi quei particolari reati sono esclusi e che nel testo finale del provvedimento si terrà conto della specificità: “Lo schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ha come presupposto la possibilità che la vittima si opponga all’archiviazione stessa del reato proposta dal pubblico ministero. E’ evidente che questo meccanismo non può riguardare i reati di maltrattamenti di animali: pertanto la specificità di questi reati sara’ tenuta in considerazione nel testo finale del provvedimento all’esito dei pareri espressi dalla Camera e dal Senato a cui è stato trasmesso lo schema di decreto approvato dal Cdm”
E’ il destino dell’epoca dei social network, le bufale nascono insinuandosi nell’incertezza di una norma ancora in discussione, creando confini labili, in cui qualcosa può essere allo stesso tempo vero o falso, non sarà certamente l’ultimo caso.