La Tunisia ha eletto il primo presidente dell’era post Ben Ali. Al secondo turno delle presidenziali ha prevalso Beji Caid Essebsi con il 55,68% dei voti. L’ormai ex presidente Moncef Marzouki non ha digerito la sconfitta e ha annunciato di voler formare un movimento per evitare “il ritorno alla dittatura”.
Il nuovo presidente
Essebsi, ottantenne leader del partito laico Niida Tounes, è un personaggio navigato della politica tunisina. Tuttavia, essendo rimasto defilato durante gli anni di Ben Ali ha potuto presentarsi agli elettori come “volto nuovo”. In gioventù ha militato nel movimento indipendentista di Habib Bourghiba, padre della moderna Tunisia e primo presidente della nazione ex colonia francese. Il suo rapporto non idilliaco con Bourghiba, determinato dalla svolta autoritaria avuta dalla presidenza di quest’ultimo, gli ha permesso di mantenere incarichi di alto profilo anche dopo il colpo di stato di Ben Ali nel 1987.
Ha ricoperto la carica di ambasciatore in Germania Ovest poi è stato nominato presidente del Parlamento. Quando anche Ben Ali ha cominciato ad accentrare tutto il potere nelle sue mani, Essebsi ha reciso ogni contatto col mondo politico ed è tornato a esercitare la professione di avvocato. È tornato alla ribalta con la “rivoluzione dei gelsomini”: nel 2011 da primo ministro ha gestito la fase di transizione pre-elettorale. Nel 2012 ha fondato il partito laico e modernista Niida Tounes, vincitore inatteso delle ultime legislative.
Difensori della rivoluzione
I tunisini hanno ritenuto Essebsi l’uomo giusto per portare avanti lo spirito e i valori della rivoluzione. D’altra parte anche lo sconfitto ex presidente Moncef Marzouki rivendica per sé il ruolo di garante dei nuovi principi che animano il paese mediterraneo e accusa Essebsi di essere, al contrario, un uomo dell’ancien régime.
Marzouki in campagna elettorale non perdeva occasione per ricordare come Essebsi abbia ricoperto vari incarichi tra cui quello di ministro dell’Interno dal 1965 al 1969, ministro della Difesa dal 1969 al 1970, ministro degli Affari Esteri dal 1981 al 1986, presidente del Parlamento dal 1990 al 1991 e primo ministro dal 27 febbraio 2011 al 24 dicembre 2011.
Tuttavia Marzouki non poteva che pagare con la sconfitta 3 anni di stagnazione economica, tensioni sociali e problemi di sicurezza. Nonostante una campagna elettorale aggressiva non ha recuperato lo svantaggio e solo negli ultimi giorni ha accettato il risultato delle urne che denunciava inficiato da brogli. Ieri ha inoltre annunciato la nascita “di un grande movimento che unisca i democratici per evitare il ritorno alla dittatura”.
Le sfide
Per formare una maggioranza di governo il partito di Essebsi dovrà scendere a patti con il partito islamista Ennahda, che ha sostenuto Marzouki all’ultima tornata. Successivamente il partito vincitore delle legislative proporrà un primo ministro che dovrà essere nominato dal neo Presidente. Una volta effettuati tali passaggi istituzionali si potranno affrontare i problemi principali del paese a partire dall’economia.
Ultimamente il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) ha “suggerito” a Tunisi, in virtù di un prestito di 1,74 milioni di dollari, il varo di riforme volte a sostenere l’occupazione giovanile con risorse da recuperare attraverso l’eliminazione dei sussidi. Poi sarà il turno della riforma fiscale, della riduzione della spesa pubblica e degli incentivi per far ripartire il settore privato e attirare di nuovo gli investimenti esteri dopo la fuga dell’ultimo triennio. Altra priorità è rappresentata dal tema sicurezza: la Tunisia fornisce allo Stato Islamico tra i 3000 e i 5000 foreign fighters.