La settimana scandinava tra Russia e politica
La Finlandia continua a tenere gli occhi puntati verso Mosca. Putin ha dichiarato che le relazioni tra Finlandia e Russia sono estremamente positive. Aggiungendo però che il paese nordeuropeo, come il resto del continente, non può fare a meno del gas russo. Cosa non vera secondo il ministro degli Esteri di Helsinki, Erkki Tuomioja, per il quale il paese acquista gas dalla Russia ma non ne è dipendente.
Questioni energetiche a parte, però, la crisi in Ucraina sta interessando la Finlandia da vicino e in tanti modi diversi. È ad esempio elevatissimo il numero di ucraini che ha fatto domanda per ottenere un impiego stagionale nelle fattorie della Finlandia: circa 8.000 le richieste pervenute all’ambasciata finlandese a Kiev, molte più rispetto al passato. Le autorità di Helsinki sospettano che in tanti stiano cercando di scappare da un possibile imminente conflitto.
Calano invece i turisti che dalla Finlandia vanno in Russia: alcune agenzie hanno registrato una flessione addirittura dell’80-90 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. I motivi: la possibilità di un’escalation armata, ragioni ideologiche, diffidenza nei confronti della Russia.
In Norvegia invece la decisione presa dell’ex primo ministro laburista Jens Stoltenberg di accettare l’incarico di Segretario generale della Nato sta favorendo la premier Erna Solberg. Quel ‘Jens contro Erna – Erna contro Jens’ di cui parlava lunedì scorso NRK e che ha dominato la politica degli ultimi anni non c’è più.
I sondaggisti sono andati a vedere che aria tira tra la gente, trovando il 44,3 per cento dei norvegesi convinti che non ci sia persona migliore di Solberg per guidare il paese. Il 38,9 sceglierebbe Jonas Gahr Støre, l’uomo che con tutta probabilità sostituirà Stoltenberg alla testa di quel Partito Socialdemocratico che sta reggendo bene: gli ultimi sondaggi di NRK lo danno al 35,4 per cento, saldamente primo.
Questa è stata la settimana delle analisi politiche anche in Danimarca. Sul quotidiano Berlingske Tidende, Thomas Larsen ha provato a guardare avanti, al prossimo autunno, quando il governo guidato dalla laburista Helle Thorning-Schmidt dovrà chiudere il bilancio statale. Un passaggio che potrebbe decidere il destino non solo dell’esecutivo ma di tutto il mondo del centrosinistra danese.
Sin dalla sua nascita, nel 2011, il governo di Copenhagen ha dovuto affrontare una serie infinita di problemi: pessimi sondaggi,tensioni all’interno dei partiti di maggioranza. È in questo quadro che l’esecutivo di centrosinistra si avvicina all’autunno. Thomas Larsen ha spiegato che un cortocircuito nei colloqui per la stesura del bilancio potrebbe far collassare il governo, assestando un colpo micidiale a tutto il centrosinistra: qualcosa di simile a ciò che accadde a inizio anni ’80, e che poi condusse a un decennio di dominio del centrodestra.
Per Larsen la partita politica sul bilancio è l’ultima chance. Ma per il governo superare l’autunno significherebbe probabilmente solo guadagnare tempo. La Danimarca tornerà al voto entro il settembre 2015, i sondaggi oggi dicono che il centrodestra otterrebbe una vittoria schiacciante. La maggioranza ha poco più di un anno per ricostruire il rapporto con gli elettori. Con una consapevolezza: questi anni hanno messo a nudo i limiti di un centrosinistra incapace di governare insieme.