“L’Italia evita le vie maestre del diritto e sceglie invece i sentieri della giungla. Questa è la mia sintesi sulla questione dei marò”. Un giudizio sintetico quanto tranciante, quello di Giulio Terzi di Sant’Agata, ex ministro degli Esteri, intervistato da Qn.
Terzi era ministro all’epoca dell’esplosione dell’affaire marò. Ed era in carica anche quando ci fu la “mini-crisi” con l’India, a seguito del rientro dei militari in Italia ad inizio 2013 e della successiva decisione del governo di trattenerli sulla penisola, un muro contro muro che durò una decina di giorni sino al definitivo rientro dei marò in India, decisione che portò di lì a poco il ministro a rassegnare le dimissioni.
Terzi difende la propria posizione, sottolineando che la decisione di rimandare i fucilieri in India nel marzo del 2013 fu presa sulla spinta di interessi economici: “Lo disse chiaramente il presidente del Consiglio Mario Monti nel suo intervento del 27 marzo. Cambiammo una posizione enunciata a tutto il mondo. Furono infatti gli indiani a violare gli affidavit”. E ancora: “La Corte suprema di Nuova Delhi aveva detto che i due Paesi dovevano avviare consultazioni sulla base della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto Marittimo. Noi eravamo disponibili. L’India disse che non se ne discuteva neppure”.
Marò, Terzi critica Renzi
Dal’ex ministro arrivano critiche anche all’attuale esecutivo, già bacchettato qualche mese fa: “L’unica volta nella quale Renzi dice di aver parlato dei marò è stato al G20 di Brisbane in un corridoio con Modi durante una pausa caffè”. Per Terzi ci sarebbero diverse vie da battere, a partire dal Consiglio di Sicurezza ONU sino ai buoni uffici offerti dalla Croce Rossa Internazionale. Tuttavia, sottolinea Terzi, in entrambi i casi non se ne è fatto nulla.