St. Vincent, umano, troppo umano. Quasi santo
La bontà è come i soldi. Chi la “possiede” davvero non ha bisogno di ostentarla. Anzi, a volte addirittura la camuffa sotto strati di ruvida diffidenza. Qualcuno ha bisogno di aiuto? Puoi dare una mano, certo, ma con moderazione. Perché, se il prossimo tenta di rovesciarti addosso l’intera sequenza di catastrofi che gli sono capitate, meglio mettere subito in chiaro le cose. “Non voglio sentire tutta la storia”, come ama ripetere Vincent (Bill Murray), protagonista di St. Vincent, il film di Theodor Melfi in sala in questi giorni.
Vincent è un burbero che si divide (più o meno equamente) tra l’alcool, le scommesse e una signora della notte di nome Daka (Naomi Watts). Il suo coinquilino è il gatto Felix, che per ovvi motivi spicca subito all’occhio di chi entra in casa. Tra i pochi “fortunati” c’è Oliver (Jeaden Lieberher), il figlio della nuova vicina di casa Maggie (Melissa McCarthy). Tra di loro non è certo simpatia al primo sguardo, ma dopo che l’uomo accetta di fare da babysitter al ragazzino, ovviamente dietro compenso, per una sorta di “effetto domino” i loro giorni prendono un corso imprevisto.
Così, tra barlumi di umanità inattesa, lezioni di vita non convenzionali e dolori silenziosi, ognuno rimette in discussione quel che credeva di sapere su di sé e sul mondo circostante. E anche se non è detto che i loro destini si incroceranno di nuovo, di sicuro avranno imparato che non si può dare niente per scontato, se qualcuno è riuscito a “vedere” la santità in Vincent.
Il film di Theodor Melfi è certamente una commedia natalizia, e rispetta fedelmente tutti i canoni della categoria. Buoni sentimenti, dolori e ostacoli da superare, e un rapporto d’amicizia destinato a cambiare entrambi. St. Vincent onora uno a uno gli archetipi del genere, ma non rinuncia ad avere un’anima. E in questo caso, è quella che emana lo sguardo spigoloso eppure malinconico di Bill Murray, a cui fa da contraltare quello morbido ma non meno amaro di Melissa McCarthy.
“Un santo è un essere umano che onoriamo per i sacrifici che fa e per il suo impegno nel rendere il mondo un posto migliore”, spiega il maestro di religione a Oliver. Un santo è prima di tutto una persona, e in quanto tale ha dei difetti, fa sbagli, e compie peccati. Ed è proprio questo che avvicina i suoi piccoli e grandi gesti di bontà. Li rende tangibili e significativi. E l’unica santità degna di questo nome è quella di cui è imbevuta la quotidianità.