Nelle ultime settimane ha preso piede nel dibattito politico la questione relativa all’accorpamento delle regioni. Enti sempre meno “compresi” dalla maggioranza degli italiani, soprattutto per via degli ormai abituali scandali che da anni ne affliggono i relativi enti di rappresentanza.
Gli ultimi esempi “gridano vendetta”: si va dalle gesta di Franco “Er Batman” Fiorito (PDL), ex consigliere regionale laziale che con i soldi dei rimborsi elettori acquistò un SUV, al consiglio dell’Emilia-Romagna, il cui elevatissimo numero di indagati, unito alla condanna dell’ex governatore Vasco Errani (PD), ha portato la regione a elezioni anticipate.
Pertanto, anche alla luce della riforma del Titolo V della Costituzione, un paio di settimane fa il deputato Roberto Morassut e il senatore Raffaele Ranucci, entrambi del Partito Democratico, hanno presentato un DDL (tornerà in discussione a gennaio) che, se approvato, stravolgerebbe l’attuale assetto delle regioni. Dalle attuali 20 a 12, con accorpamenti quasi “rivoluzionari”.
Al Nord l’unica amministrazione a rimanere inalterata sarebbe la Lombardia. Nascerebbero poi l’Alpina (Valle d’Aosta, Piemonte e Liguria) e il Triveneto, unione di Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige. Scendendo lo Stivale, un ipotetico viaggiatore riconoscerebbe solo l’Emilia-Romagna: ai suoi “lati”, infatti, troverebbe l’Adriatica, formata da Marche, Abruzzo e Molise, e l’Appennina, unione di Toscana, Umbria e provincia di Viterbo.
Il Lazio finirebbe “smembrato”, visto che acquisirebbe autonomia il distretto di Roma Capitale, mentre la restante parte della regione si fonderebbe con la Campania nella nuova Tirrenica. Anche la Basilicata verrebbe divisa: la provincia di Matera con la Puglia (Regione del Levante), mentre quella di Potenza con la Calabria (Regione del Ponente). Immutate, infine, le due isole, Sicilia e Sardegna. Totale: 12 regioni, contro le attuali 20.
Indubbiamente un cambiamento epocale, caldeggiato, ed è questa la vera novità, in primis dalla stessa Conferenza delle Regioni. Sia il presidente Sergio Chiamparino (governatore del Piemonte), sia pezzi grossi come Nicola Zingaretti e Stefano Caldoro (rispettivamente alla guida di Lazio e Campania), da molto tempo spingono per una radicale riforma del sistema, ritenendo oramai economicamente insostenibile l’odierno assetto delle regioni, riconducibile al lontano 1970.
Una spinta in questo senso potrebbe arrivare da quanto accaduto di recente in Francia, dove il presidente Francois Hollande ha annunciato la riduzione delle Regions da 22 a 14, con conseguente snellimento delle relative burocrazie. Lo stesso potrebbe accadere in Germania, dove, nonostante il federalismo, i Laender più piccoli incontrano sempre più difficoltà nel far fronte alle spese di tutti i giorni e chiedono di essere inglobati da quelli più grandi.