Quirinale, Prodi e il travaglio interno a Forza Italia
Romano Prodi al Quirinale? Sì, no, forse. Continuano le discussioni in Forza Italia sull’eventualità di un’ascesa al Colle da parte del Professore, il “nemico” di Silvio Berlusconi, unico a battere il Cav – e per ben due volte – in una tornata elettorale.
Dopo le rivelazioni di Libero – che parlava di un’apertura di Berlusconi nei confronti del fondatore dell’Ulivo – e una successiva smentita da parte di Giovanni Toti, l’argomento continua ad essere uno spunto di riflessione per chi, nel partito azzurro, punta a pacificare definitivamente gli animi, ponendo fine ad una ventennale e feroce contrapposizione politica.
Quirinale, Prodi e le “colombe” inaspettate
E così, nella discussione sulla candidatura del Professore al Colle, spuntano “colombe” a dir poco inedite, come Augusto Minzolini e Daniela Santanché.
Il senatore forzista, nonché ex direttore del Tg1, mostra ampia disponibilità, rispondendo alle domande de Il Fatto Quotidiano: “Prodi sarebbe l’opportunità di avere un chiarimento. Dopo 20 anni ti guardi negli occhi e decidi: ma questo Paese cosa deve fare? Vogliamo continuare ancora così? Vogliamo continuare con i mediocri che si approfittano del fatto che tu hai un’idea chiara e io ho un’idea chiara, ma si mettono in mezzo, non sono né l’uno né l’altro e condannano questo Paese alla staticità?”.
Meno entusiasta ma comunque possibilista anche Daniela Santanché, che – interrogata dal Fatto sull’eventualità di una candidatura Prodi avanzata dall’asse del Nazareno – replica così: “Dovrei pensarci”. Una risposta che, arrivando dalla Santanché, è molto più che una mezza apertura. E poi aggiunge, sibillina: “Votare Napolitano è stato un grave errore, io non lo voterei mai più, però, sa, ormai il mio stomaco è talmente forte che dopo aver votato Napolitano posso votare chiunque”.
Quirinale, Prodi tra pacificazione ed alti profili
Le due “colombe” quirinalizie spiegano quale sia il punto nodale della vicenda: la pacificazione politica. La quale è indipendente dall’ottenimento o meno della grazia per Berlusconi: “La condizione necessaria è volta agli italiani che hanno bisogno che questo Paese pacifichi, questo mi interessa”, sostiene la Santanché. Sulla stessa lunghezza d’onda Minzolini: “La pacificazione è una cosa che deve riguardare tutto il Paese, poi viene tutto il resto, se deve venire”.
Un altro punto a favore dell’investitura di Prodi è la caratura del personaggio, tale da non risultare una semplice pedina nelle mani del premier. Lo spiega bene la Santanché, secondo la quale in realtà Renzi non vorrebbe Prodi, in quanto il premier preferirebbe che “si torni ai vecchi principi della vecchia Democrazia Cristiana dove il presidente della Repubblica doveva essere a servizio del presidente del Consiglio”. Sul punto Minzolini è ancor più netto: “Basta compromessi con personalità grigie e ambigue: riescono a imporsi non perché abbiano un’idea chiara condivisibile o no, ma perché non hanno un’idea”. E ancora: “La pacificazione in passato l’hanno fatta De Gasperi e Togliatti. Devi prendere delle forti personalità”.
Ora resterà da convincere un partito in fibrillazione, diviso tra possibilisti e strenui oppositori come Maurizio Gasparri, che non usa mezzi termini: “Scelte inaccettabili”. Un’opinione non dissimile da quelle espresse da Giorgia Meloni e Matteo Salvini, gli altri due pilastri su cui dovrebbe poggiare la difficile ricostruzione del centrodestra.