Tra i soggetti più fotografati durante la conferenza stampa di fine anno del presidente del Consiglio Matteo Renzi, c’è sicuramente il “fac simile Italicum“, ossia il modello di scheda che entrerebbe in uso con il nuovo sistema. E’ un passaggio che merita attenzione, per ciò che mostra e (soprattutto) per ciò che non si dice espressamente.
Su quel fac simile – stampato in bianco e nero e forse un po’ in fretta, visto che un bordo della scheda è finito tagliato – sono presenti i simboli (finti) di “sei, sette, otto partiti, non di più”, con stampato a sinistra il nome di “quello che Calderoli chiama ‘capolista bloccato'”, mentre per Renzi è “il candidato di collegio dei partiti” (i virgolettati sono tratti dalla risposta del Presidente del Consiglio) e, a destra, due righe per l’espressione della preferenza, secondo lo schema della doppia preferenza di genere con cui abbiamo familiarizzato agli ultimi turni elettorali.
Per Renzi sarebbe dunque questa la scheda di “un Mattarellum con le preferenze“, di “una legge elettorale molto seria, molto tranquilla e anche […] molto semplice”, nel pieno rispetto del noto principio renziano “chi arriva primo vince”.
Guardando meglio il bollettino, il fatto che i rettangoli contenenti loghi e candidati siano tutti staccati tra loro certifica la sparizione delle coalizioni (secondo l’ultimo modello del premio di maggioranza alla lista). Si può poi sorridere per i simboli finti scelti per il fac simile, ingenui e allo stesso tempo ricchi di involontari rimandi a contrassegni esistenti (su tutti, il fiore scuro a sei petali e il cuore su fondo chiaro, che evocano inconsapevolmente il Sole delle Alpi leghista e il logo di Io Sud di Adriana Poli Bortone).
E’ stato lo stesso Renzi a ironizzare sui candidati di collegio, che in altri stampati a sua disposizione avevano “nomi che non vanno bene“, forse perché troppo vicini alla realtà; non si era forse reso conto che, tra i “nomi a caso” del modello mostrato alla stampa, si leggono anche quelli di Giovanni Bianchi (deputato dalla XII alla XIV legislatura, confluito dal Ppi alla Margherita fino al Pd) e di Antonio Russo (giornalista freelance legato a Radio Radicale, massacrato in Georgia nel 2000).
Sulla questione preferenze, invece, si consuma un piccolo “giallo” sfuggito ai più, ma non a qualche sguardo attento: in base ai testi finora noti, infatti, le righe per le preferenze non ci dovevano essere. In base al testo dell’Italicum approdato al Senato, la scheda accanto al simbolo di lista doveva recare “il cognome e il nome dei relativi candidati”; l’emendamento 1.5000, presentato in commissione Affari costituzionali dalla relatrice Anna Finocchiaro (per recepire le penultime modifiche al “patto del Nazareno”) precisa che l’elettore può esprimere la preferenza “tracciando un segno nei rettangoli posti accanto al nominativo del candidato”.
Morale, secondo il testo dell’Italicum corretto alla penultima versione del patto con Forza Italia, accanto al simbolo devono essere stampati tutti i nomi dei candidati (escluso il capolista) e la preferenza si esprime mettendo un segno nei rettangolini a fianco dei vari nomi (una scheda simile a quella della quota proporzionale del Mattarellum, con in più questi quadratini per esprimere le preferenze). Nel fac simile di Renzi, invece, niente quadratini e – soprattutto – niente nomi all’infuori del capolista: se uno vuole dare le preferenze, le deve scrivere, come alle altre elezioni.
La scelta ovviamente non è scandalosa, anzi, risponde al canone di “semplicità impressionante” richiamato dallo stesso Renzi in conferenza stampa. Il fatto è che i testi fino a ora in discussione disegnano una scheda diversa; è vero che all’emendamento Finocchiaro sono stati presentati ben 5038 subemendamenti, ma a prima vista non pare che qualcuno disegni con precisione il modello mostrato da Renzi.
La soluzione forse l’ha indicata lo stesso Presidente del Consiglio, sottolineando che il metodo alla base della scheda “è stato votato dalla direzione del Pd e approvato dalle forze della coalizione e praticamente in larghissima parte anche da Forza Italia”: può essere allora che le forze di governo e il partito di Berlusconi si siano preoccupate di modificare anche la struttura della scheda elettorale. Tutto questo, però, senza avere cura di convergere su un testo normativo condiviso per passare dai candidati stampati alle preferenze manuali; di questa “piccola” modifica, intanto, non si era accorto quasi nessuno.