“L’ho sentito dire”. Taglia corto, il sottosegretario Graziano Delrio, alla domanda su una sua eventuale candidatura al Colle per la successione a Giorgio Napolitano. In una lunga intervista concessa al quotidiano Repubblica, il sottosegretario affronta diversi argomenti, dal Jobs Act alla riforma delle Regioni, senza dimenticare la riforma elettorale.
DELRIO SU JOBS ACT E STATALI
Delrio affronta le spine relative al Jobs Act, a partire dalle polemiche riguardo all’eventuale estensione della riforma al comparto pubblico. “Gradatamente il lavoro pubblico dovrà adeguarsi ai principi di efficienza, esattamente come il lavoro privato”.
Delrio precisa: “Non intendo accusare genericamente chi fa un ottimo lavoro, ma l’efficienza della PA non è una cosa che uno Stato si può permettere di avere o non avere. Chi svolge un servizio in un ente pubblico deve essere più responsabile di chi lo svolge nel privato”. Sul licenziamento per scarso rendimento, il sottosegretario stempera le polemiche: “E’ stato normato da Brunetta a suo tempo”.
L’ex ministro parla anche dell’eventuale inserimento dei licenziamenti collettivi nelle deleghe al Jobs Act: “A decidere saranno le commissioni e quindi vedremo la seconda versione del testo”. Tuttavia, ecco una stoccata alla sinistra del PD: “Non penso ci sia alcun eccesso di delega come sostiene la sinistra dem. Noto però che ci si concentra sul dito invece che sulla luna che il dito indica. La sostanza del Jobs Act è favorire il contratto a tempo indeterminato e un assegno unico per la disoccupazione. Invece ci si sta appassionando a situazioni-limite”.
Ma con chi si schiera il governo? Lavoratori o imprenditori? Delrio è diplomatico: “Stiamo dalla parte del lavoro”. Ma poi aggiunge: “Il lavoro lo crea chi fa impresa di qualità. Ascoltare l’impresa non vuol dire fare dei favori ma essere ossessionati dall’idea di creare lavoro”. E dopo gli 80 euro e la riduzione delle tasse sul lavoro, il sottosegretario spiega il terzo passo da fare: “Aumentare gli investimenti pubblici. Qui dobbiamo ricorrere a un progetto europeo di investimenti pubblici sul modello Usa. Il piano Juncker va nella direzione giusta”.
Nessuna polemica con i sindacati: “Stiamo provocando una grande rivoluzione e questo crea malumore. Ma una democrazia che decide non è deriva autoritaria né incapacità di ascoltare, né arroganza. Con i sindacati parliamo ogni giorno e ci fa piacere il loro stimolo”. E ancora: “Ci fa piacere che i sindacati stimolino il governo a risolvere le crisi industriali. Non devono però mentire. Quando il segretario della Uil, Barbagallo afferma che non spendiamo il 50% dei fondi europei dice una sciocchezza e una bugia”.
REGIONI E LEGGE ELETTORALE
Delrio parla anche delle altre riforme, a partire dall’accorpamento delle Regioni un punto su cui il segretario è “sempre stato convinto. La discussione sulle Regioni la facciamo, ma non interferisca con il percorso rapido della riforma costituzionale”. E difende la riforma delle Province: “Non è il caos. Abbiamo voluto un cambiamento vero. Se fosse stata una riformetta non ci sarebbero stati problemi né crisi di rigetto. Invece quell’ente trasformato in una agenzia di servizi per i Comuni e per le Regioni, dovrà alleggerirsi di personale e compiti inutili”.
Inevitabile una battuta sull’Italicum, che “garantisce la governabilità e che i cittadini scelgano i parlamentari”. Per le riforme serve l’apporto di tutti: “Vale per Berlusconi e anche per gli altri. Ma qualcheduno si è chiamato fuori, per esempio i 5Stelle”. Grillini che, però, andrebbero recuperati quantomeno per la scelta del nuovo inquilino del Quirinale – “Va chiesto ai parlamentari. Puntiamo al massimo di condivisione poi si farà quel che si potrà” – al netto di trappole interne come i 101 di Prodi, “una grande sconfitta della politica e una brutta pagina che questo Parlamento è pronto a girare”.